“Santità è l’unica parola che salva il Mistero nella sua realtà originale, nella sua realtà di origine di tutto e nella sua verità come capacità di vita di questa origine: ‘Vieni’ è il desiderio della santità, è l’attesa e la domanda della santità. Della santità, perché la santità è Dio. Ma la santità è Dio come Mistero, è il nesso che il mistero di Dio stabilisce più sensibilmente, più visibilmente, di fronte a ogni cosa, a ogni istante che si apre per noi. Santità: ‘Vieni, perché mi manca’. Mi manca: mi manchi e mi manca. La santità è tale proprio perché è Mistero. È la misteriosità di Dio che nella parola ‘santità’ si enuncia, si declina: in qualsiasi momento è considerabile. ‘Santità’ vuol dire abbandono a una Presenza che ci supera in tutti i sensi e che non è neanche legata alle possibilità che il Mistero ci dà di rispondere a quelle sollecitazioni a cui ci tende” (Appunti da una conversazione di Luigi Giussani con un gruppo di Memores Domini. Milano, 21 aprile 2002).
Non c’è tentativo di descrizione della santità più curioso di quello che don Giussani fece nel 2002, lui che – se Dio vuole – diventerà pure santo. Se soltanto potessimo rivivere, in una sorta di Jumanji, le vicende dei santi che oggi la Chiesa celebra, resteremmo stupiti nel vederli domandare e supplicare e insistentemente mendicare la presenza di Cristo. L’attività più serrata di questi uomini e donne, vecchi e bambini, colti e ignoranti, ricchi e poveri, acuti e semplici… fu proprio la domanda, che li rese bambini, li rese santi.
“Vieni, perché mi manca” è la sintesi geniale che don Giussani intuisce di quel loro domandare. Nulla impedisce che possa diventare anche il nostro domandare. Distratti come siamo dalla realizzazione dei nostri progetti, dal convincere l’altro circa le nostre posizioni, dal non uscire di scena sui nostri improvvisati palcoscenici, dal ripetere affannosamente i discorsi giusti, abbiamo bisogno che irrompa quella domanda infuocata e vera: “Vieni, perché mi manca. Mi manchi e mi manca”. Quando mai siamo stati educati a vivere la santità, cioè il fiorire della vita, come il grido per una mancanza?
Eppure il Vangelo è pieno di fatti che documentano come Cristo, con la sua sola presenza, sia in grado di risvegliare tutto il nostro io nei suoi bisogni più originali, partendo proprio da ciò che manca al corpo e al cuore. Amico e compagno del nostro umano, non si schioda mai da ciò che veramente ci costituisce e sorprende sempre i meandri più segreti della storia, come scrisse santa Teresa Benedetta della Croce: “Nella notte più oscura sorgono i più grandi profeti e i santi. Tuttavia, la corrente vivificante della vita mistica rimane invisibile. Sicuramente gli avvenimenti decisivi della storia del mondo sono stati essenzialmente influenzati da anime sulle quali nulla viene detto nei libri di storia. E quali siano le anime che dobbiamo ringraziare per gli avvenimenti decisivi della nostra vita personale, è qualcosa che sapremo soltanto nel giorno in cui tutto ciò che è nascosto sarà svelato” (Verborgenes Leben und Epiphanie: GW XI, 145). In questa invisibilità c’è posto per tutti i dettagli della nostra vita, che resta la grande occasione che abbiamo per domandare, per gridare: “Vieni, perché mi manchi”.
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