Correva l’anno 2016, e il signor Totocalcio, in compagnia di sua moglie, la signora Schedina, lo iniziava spegnendo tristemente le sue 70 candeline, sempre più solo, triste e squattrinato, lui che aveva speso tutta la sua vita per rendere felici gli italiani.
Passavano solo pochi giorni, e nella notte fra il 5 e il 6 gennaio, dopo l’inquietante ritrovamento di una scopa e di una calza nei pressi di un negozio Calzedonia a Scopello, in quel di Vercelli, i carabinieri davano la notizia che forse la Befana era stata rapita, mentre stava rientrando dal lavoro. Tra i sospettati, un plotone di paracadutisti della Folgore: secondo il commissario Calzettoni, i parà, folgorati dalle acrobazie aeree della Befana, l’avrebbero prima costretta a impigliarsi nei cavi dell’alta tensione, poi l’hanno fatta prigioniera, tenendola nascosta in una loro base segreta per poterla interrogare e carpire i segreti della sua abilità in volo.
Gli italiani non ebbero neanche il tempo di riprendersi da questa brutta notizia che subito, come una violentissima volée a rete, si abbatteva su di loro il caso del “racket della racchetta”, il più grosso scandalo della storia del tennis dopo quello del 1416. Non sapete cosa accadde seicento anni fa durante la cazzuta partita fra l’inglese Carl Wild e l’italiano Bartolomeo Colleoni? Niente paura, c’eravamo noi a rinfrescarvi la memoria…
Febbraio si apriva nel ricordo di un grande comico del cinema muto, famoso per le gag che lasciavano lui e gli stessi spettatori senza parole: 50 anni prima, infatti, usciva di scena il grande Buster Keaton e anche noi gli tributammo gli onori dovuti, citando il grande epitaffio a lui dedicato dal nostro Zingarelli, un vocabolario che sa tante cose perché le ha silenziosamente rubacchiate qua e là in giro per il mondo: “Riposa in pace, caro Buster, e ricordati: non è ancora detta l’ultima parola”.
Per fortuna a giugno si voltava pagina e arrivavano momenti più lieti: il 21 (e non il 25), cari nostri 25 (e non 21) lettori, eravate tutti lì a festeggiare i nostri primi 5 anni di collaborazione con Il Sussidiario. Una ricorrenza da noi vissuta con grande sobrietà, seppur sommesi da decine di centinaia di migliaia di biglietti d’auguri. I più belli? Due su tutti:
“Non siete mica due pirla!” (Josè Mourinho)
“Beh, parliamone…” (Il direttore del Sussidiario).
Rinfrancati da questo sentito e sincero attestato di stima, non abbiamo mai pensato di divorziare dal Sussi… mica siamo inglesi! Proprio in quel giugno 2016 gli inglesi avevano deciso, votando sì alla Brexit, di dire bye-bye alla Ue. Dando vita così a un paradosso tutto british: mentre la Manica diventava più larga, i britannici non sarebbero più stati di manica larga con gli europei.
Non potendo più tranquillamente veleggiare da Calais a Dover, agosto ci faceva trasvolare in Brasile, per le Olimpiadi di Rio. Già prima di iniziare, quei Giochi avevano battuto un record: mai nella storia dei Cinque cerchi si era registrata una così massiccia presenza di atlete. Il motivo? A pochi giorni dal via il Villaggio olimpico di Rio era ancora tutto da riordinare e da rimettere nuovo di zecca…
Zecca, zecca… zecchino! Cioè Zecchino d’Oro, la manifestazione canora dedicata ai bambini più famosa al mondo. In attesa della finale dell’edizione 2016, proprio noi ComicAstri mettevamo a segno uno scoop degno di nota (in fondo, pur sempre di canzoni si tratta): eravamo riusciti a intervistare il primo extracomunitario con il record di respingimenti: si chiamava GianCristino, veniva dalla Svizzera e aveva tentato per ben 55 volte di fila di partecipare allo Zecchino, collezionando, appunto, altrettanti 55 rifiuti.
Il 2014 volgeva ormai al desìo, dopo aver inanellato una serie incredibile di elezioni tenutesi in giro per il mondo, comprese le piccolissime Isole Marshall, in Oceania. Il paese andava alle urne spaccato esattamente a metà: da una parte, Avanti Marsh!, partito nazionalista e populista, un po’ stile Movimento 5 Stellette; dall’altra, MarshMallow, formazione centrista adusa a esprimere su qualsivoglia argomento, dibattito o controversia una posizione molto morbida. E a nostro modestissimo parere, proprio il premier delle Marshall avrebbe dovuto essere l’uomo dell’anno, invece…
Invece la scelta cadeva su Donald Trump. In America, ovviamente, perché in Lapponia a finire in copertina come “Vuoden Mies” (“Man of the year” in finlandese) era Lappo Elkann. Incredibile? Non così tanto, dacché spesso – come recita l’adagio – “lapparenza inganna” e… arrivederci al 2017. Cioè a settimana prossima!
(6- continua)
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