Alla fine Cina batte Russia 100 a 77. Il Partito comunista cinese infatti, nato nel 1921, ha appena celebrato cento anni di vita, mentre quello bolscevico, come sappiamo, iniziato nel 1912 ha finito la sua avventura nel 1989, quindi dopo un’esistenza lunga 77 anni.

In Cina l’importante evento ha avuto nelle parole di Xi Jinping, segretario generale del Comitato centrale del Pcc, capo di Stato e presidente della Commissione militare centrale, la formale celebrazione, con un discorso rivolto a migliaia di persone nella piazza che vide naufragare nel sangue il sogno democratico dei giovani cinesi, Tiananmen. Oltre ai successi, soprattutto economici, come l’eliminazione della povertà cronica (anche se recenti statistiche dicono che un cinese su quattro è ancora povero), Xi ha sottolineato alcuni passaggi importanti, travisati e ancora non capiti dal mondo occidentale.



Ce li ha spiegati Francesco Sisci, sinologo ed ex corrispondente de La Stampa dalla Cina: “Xi Jinping ha sottolineato il ruolo del Partito comunista non come un evento particolare della storia cinese, ma come il proseguimento di quella storia. Il Pcc non è quindi un corpo estraneo, ma fa parte dell’identità stessa cinese con i suoi millenni di storia. Allo stesso tempo questo è oggi un partito trasversale che rappresenta tutte le classi, non più solo quella tradizionalmente operaia e contadina”.



Il discorso di Xi Jinping in occasione del centesimo anniversario del Partito comunista, secondo alcuni analisti, è apparso dai toni bellicosi. Ha detto ad esempio che è finito il tempo del bullismo verso la Cina. È d’accordo con questa analisi?

Bisogna fare attenzione. C’è nelle letture che sono state fatte del discorso di Xi un problema culturale fondamentale.

Quale?

Al di là delle parole, ogni nazione ha dei codici culturali di interpretazione. Anche quando parla un inglese, ci sono parole e frasi che non sono traducibili automaticamente in italiano, hanno delle sfumature che appartengono soltanto agli inglesi. Nel caso di Xi, il presidente ha parlato ai cinesi e ha ricordato loro una questione che per gli ultimi cento anni è stata fondamentale, quella di avere una indipendenza nazionale. Il problema è che parla non solo ai cinesi, ma anche al mondo intero.



Quindi che senso bisogna dare alle sue parole?

Quando dice ai cinesi che non saranno mai più sottoposti ad atti di prepotenza altrui, al mondo questa sembra una affermazione gratuita e appare come una affermazione che allo stesso tempo è ritenuta aggressiva in Occidente. Chi può essere prepotente con la Cina? Tra l’altro è anche la seconda potenza economica mondiale.

Mette le mani avanti?

Secondo la nostra percezione all’estero appare piuttosto come una dimostrazione di debolezza. Che bisogno hai di essere così aggressivo se non ti senti debole?, pensiamo noi. Ecco allora che abbiamo un cortocircuito culturale estremamente delicato, in un momento storico di grandi tensioni internazionali. L’invito è a stare molto attenti noi a leggere quello che dice la Cina, ma anche la Cina deve stare attenta a come parla. Non si può trascurare il fatto che i cinesi sono un miliardo e 400 milioni, ma ci sono in tutto 8 miliardi di persone che leggeranno quelle parole secondo il loro codice culturale. Certe affermazioni possono essere fuorvianti in un momento poi estremamente complicato a livello internazionale.

Che cosa significa invece oggi il Partito comunista cinese?

Nel suo discorso Xi ha manifestato una saldatura importantissima tra Partito comunista e cinesi. Il Partito comunista non è una cosa appiccicata, ma viene definito come ultima saldatura nei millenni della storia cinese. Le due cose secondo Xi sono fuse: rovesciare il partito significa quindi rovesciare la Cina.

Non è come il vecchio partito comunista sovietico che voleva rappresentare la novità della storia? 

Xi ha detto che il Partito comunista non rappresenta nessun gruppo di interesse di strato sociale specifico, ma gli interessi di tutta la Cina. Questo è un passaggio importante. Non è più il partito che rappresentava la classe operaia, gli ultimi. Adesso invece rappresenta tutti gli interessi e non un interesse particolare. Abbiamo un partito che in pratica si definisce interclassista, quasi democristiano, e non si identifica con un gruppo, ma con l’interesse della nazione. Sono cambiamenti di posizione molto importanti e delicati per quello che succederà in futuro.

I cinesi capiranno il significato di questa svolta?

La svolta in realtà è già in atto da tempo, è avvenuta da anni. Il partito non rappresenta la classe operaia contro i ricchi e viceversa. Adesso Xi lo ha ufficializzato.

Ha parlato anche di una sola grande Cina con Macao, Hong Kong e Taiwan. Questo sottolinea l’espansionismo cinese?

No, non ha detto così. Macao e Hong Kong sono già parte della Cina, ha detto che il compito della riunificazione con Taiwan è importante e non può essere abbandonato. Però non ha dato tempi e modi, è rimasto sul vago.

(Paolo Vites) 

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