Tra i regali che questo centenario di Giovanni Testori ci lascia, il Meridiano a lui dedicato è il più prezioso. Testori viene ad aggiungersi a tutti i grandi nomi raccolti in questa collana lanciata nel 1969 dalla Mondadori sul modello della Bibliothéque de la Pléiade francese. È un Meridiano fuori dagli schemi, che rispetta un dato fondamentale di Testori: la trasversalità della sua produzione. Evita quindi gli incasellamenti e le separazioni per generi e propone al lettore un flusso unico, che segue la linea del tempo, alternando saggi d’arte a testi teatrali, romanzi a poesie, scritti giornalistici a scritti famigliari. È un “tutto Testori”, non tanto nel senso della completezza (ci sarebbero voluti chissà quanti Meridiani per tentare un’opera omnia, come si è tentato di fare con Pasolini), ma nel senso che ogni aspetto della sua sensibilità e ogni stagione della sua produzione viene documentata attraverso il meglio o ciò che è più rappresentativo.
“È un montaggio, scrive il curatore Giovanni Agosti, “che ha, tra i suoi effetti, quello di mostrare la sostanziale coerenza di un percorso, la centralità di alcune ossessioni. Nel corpus di Testori, così sorprendentemente unitario, i personaggi d’invenzione o le situazioni drammaturgiche, perfino gli espedienti, s’inseguono anche a distanza di decenni (per esempio il pirandellismo), mentre la vita stessa dell’autore si configura subito per scene madri ed episodi mitologici, continuamente riproposti”.
Testori con questa pubblicazione riallaccia idealmente un rapporto con il suo maestro Roberto Longhi, al quale era stato dedicato nel 1987 un Meridiano ugualmente anomalo, congegnato dal grande Gianfranco Contini: allora la raccolta dei testi del grande critico era stata organizzata con un criterio opposto, secondo la cronologia della storia dell’arte. “Da Cimabue a Morandi” era infatti il titolo. Proprio per sottolineare il valore letterario di quei testi, in quel volume non c’erano immagini. Ci sono invece immagini – ed è una novità nei Meridiani – a illustrare tre saggi d’arte di Testori raccolti nel volume.
Una selezione come questa esalta una delle caratteristiche di Testori: quella di non conoscere differenze tra alto e basso. In ogni pagina lo scrittore si gioca con totalità. Lo dimostrano i testi “familiari” inclusi nella raccolta, scritti per una fruizione circoscritta e magari d’occasione. Sono scritti emblematici di una posizione umana anti-intellettualistica, per la quale l’orizzonte degli affetti quotidiani ha piena dignità “letteraria”. Così dall’esperienza tutta privata della morte della madre era scaturito uno dei testi più limpidi e intensi al quale Testori ha voluto imprimere una dimensione pubblica: è Conversazione con la morte che lui stesso lesse in decine di teatri e luoghi pubblici italiani, tra il 1978 e il 1979, come forma di confessione ma anche di condivisione.
A questo proposito, tra le tante notizie e lettere inedite che impreziosiscono questo Meridiano, grazie al lavoro di note ai testi di Giovanni Boccardo, studioso dell’Università di Pavia, c’è il messaggio di ringraziamento inviato a Piero Ottone, direttore del Corriere della Sera, che nel 1975 lo aveva voluto come collaboratore. “Ancora la ringrazio”, scrive Testori, “per le parole che m’ha voluto scrivere in occasione della morte di mia mamma (sapesse come mi sembra ingiusto usare per lei la parola morte! Così viva, in me, continuo a sentirla; e io in lei! Molto più di prima, quando, per tre anni, ogni sera passavo con lei le ultime ore della giornata!); e delle parole con cui il suo giornale ha voluto darne notizia. Il fatto che lei, proprio lei, la mia carissima mamma, sia entrata nel titolo m’ha dato la certezza che, quanto era e continua ad essere per me, fosse stato da tutti riconosciuto”. Un titolo per la propria madre come motivo di felicità: questo era Testori.
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