I lettori più fedeli de Il Sussidiario ricorderanno che già diversi mesi fa avevo scritto come difficilmente Biden sarebbe arrivato alle “primarie” democratiche di agosto e così è stato, demolito negli ultimi giorni più dagli amici che dagli avversari repubblicani, ovvero da quei democratici spaventati per il rischio di perdere non solo la Presidenza ma anche il controllo di Camera e Senato oltre che un’infinità di cariche minori che “accompagnano” il voto presidenziale di novembre.



Nessuno mi toglie dalla testa che anche l’uscita di Biden sia stata programmata e pilotata mandandolo scientemente allo sbaraglio contro Trump nel dibattito del 27 giugno certi delle sue conseguenze, aggravate poi dall’imprevedibile (?) attentato al candidato repubblicano.

Come da copione Biden ora rinuncia, ma annuncia di restare comunque fino a fine mandato e offre il proprio endorsement alla sua vice Kamala Harris. Subito il dubbio è come possa restare un Presidente alla Casa Bianca se non è in grado di gestire neppure la propria campagna elettorale, moltiplicando così i dubbi su chi effettivamente controlli oggi il potere, ma intanto la Harris ha la “nomination” a portata di mano.



Ci sono comunque alcuni aspetti da non sottovalutare. Innanzitutto che la mossa della disperazione di Biden spariglia le carte, dà nuova “verve” ai democratici, riapre una contesa che sembrava ormai definita e rasserena sponsor e donatori, ma – stando ai sondaggi – non cambia di molto il risultato.

La Harris non è amata, ha sostanzialmente deluso come vice-presidente, è nera ma di quella élite progressista californiana che è molto lontana dai problemi dei neri più poveri, ma soprattutto perché proprio a lei era stata affidato uno dei più importanti “dossier” ovvero quello dell’immigrazione.



Nel marzo 2021 l’ondata migratoria era diventata molto seria spingendo Biden a interventi diretti per bloccare l’enorme afflusso alla frontiera messicana.

Il Presidente aveva quindi delegato proprio la Harris a gestire la questione: “Quando lei parla, parla per me”, aveva ufficialmente detto Biden durante un incontro con lei, il segretario per la Salute e con altri consulenti per l’immigrazione. La Harris doveva anche supervisionare gli sforzi diplomatici per gestire le questioni che sono alla base del problema tenendo i contatti con Paesi del cosiddetto “triangolo del nord” dell’America centrale facendo pressioni su questi Stati per rafforzare i controlli ai loro confini e – al tempo stesso – applicare una strategia di lungo termine per affrontare le cause dell’immigrazione alla radice.

Avrebbe così dovuto lavorare a stretto contatto con il segretario di Stato Antony Blinken, con la direttrice di Usaid Samantha Powers e con l’inviato speciale per i Paesi del Northern Triangle, Ricardo Zuniga, ma è stato un conclamato fallimento.

Proprio mentre gli sparavano, Trump stava mostrando i grafici impietosi di questo fallimento con il video della Harris che in Guatemala era stata capace solo di dire: “State a casa!”

Inoltre, la Harris non è gradita a molti democratici, raccoglierà più facilmente il voto dei neri ma non dei “colletti blu” bianchi in una competizione che – come scrivevo pochi giorni fa – rischia di diventare anche di pericoloso schieramento razziale con tutte le sue conseguenze.

Se Harris sarà candidata (e lo sarà, anche perché altrimenti verrebbero congelati i fondi già raccolti per la campagna elettorale e si parla di centinaia di milioni di dollari) diventerà comunque determinante la nomina del vice-presidente come potenziale suo contrappeso (dovrebbe essere un vice bianco proveniente da uno stato del Sud), ma certo c’è poco tempo per sceglierlo, anche perché alcuni “big” democratici non sono soddisfatti di lei. È il caso di Obama, della Pelosi, di molti parlamentari che infatti per ora tacciono e – se parleranno – lo faranno solo spinti dalle circostanze.

Il tentativo di sparigliare le carte in casa democratica era insomma dovuto, ma non è detto che rovescerà il gioco, con Trump che già da un po’ di giorni aveva “cessato il fuoco” contro Biden per concentrarsi sulla sua vice: saranno ora 100 giorni di battaglia.

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