Attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, spuntano nuove clamorose rivelazioni sull’inchiesta condotta dall’ex giornalista del Washington Post, Jeff Stein sulla base delle dichiarazioni raccolte negli anni dall’agente della Dea Dan Canestraro. I documenti, visonati in esclusiva da L’Espresso, dimostrerebbero una colpevolezza della CIA per aver coperto l’identità reale di due dei terroristi che furono poi responsabili dell’attacco e per aver costantemente nascosto e secretato gli incartamenti che potevano dare il via ad un’indagine preventiva da parte dell’FBI.



Il rischio quindi sarebbe stato notevolmente sottovalutato a causa della mancata condivisione e comunicazione tra l’ente di intelligence e l’agenzia di polizia federale, ufficialmente giustificata dal fatto che, operando all’estero in collaborazione con il governo saudita, la Cia non fosse autorizzata a condurre l’operazione sul suolo americano, negando così di fatto l’accesso ad importanti informazioni che potevano contribuire a prevenire il grave atto terroristico. In particolare circa il ruolo chiave di Omar al-Bayoumi, nome che fu collegato successivamente ai servizi segreti sauditi, e all’attentato stesso dopo la conferma dell’incontro avvenuto in un ristorante di Los Angeles con due degli attentatori suicidi di Al Qaeda.



Inchiesta 11 settembre “Cia nascose vera identità di Omar al-Bayoumi”

Omar al-Bayoumi ha sempre dichiarato che quell’incontro al ristorante fu casuale, e che l’aiuto offerto per trovare alloggio ai due terroristi fu un semplice atto di “solidarietà tra connazionali”. Tuttavia già nel 2007 l’accusa di essere una spia dei servizi segreti sauditi arrivò con il libro inchiesta, vincitore del premio Pulitzer, pubblicato dallo scrittore Lawrence Wright. In seguito altre indagini confermarono i collegamenti, al-Bayoumi avrebbe quindi lavorato in segreto per reclutare giovani estremisti ed ottenere informazioni riservate dall’interno dell’organizzazione terroristica.



Di tutto ciò ne sarebbe stata a conoscenza anche la Cia, che però non ha mai condiviso nè il dossier ufficiale condotto sulla presunta spia nè garantito l’accesso ai documenti all’FBI. Di fatto quindi negando un’importante pista che poteva rivelare i piani dell’attentato molto tempo prima della realizzazione.

Cia negò accesso documenti a FBI su ruolo del governo saudita nell’attentato dell’11 settembre

La vera identità di al-Bayoumi, collaboratore dell’intelligence che avrebbe reclutato giovani estremisti con l’aiuto anche dell’Imam Fahad Al Thumairy, grazie al quale i due furono ospitati nella moschea di Los Angeles, riapre anche presunte ipotesi su una cooperazione da parte del governo saudita nall’organizzazione dell’attentato terroristico. Indagini che però sarebbero state ostacolate per anni, proprio a causa del negato accesso agli agenti federali dei documenti tenuti segreti dalla Cia. In base alle dichiarazioni pubblicate su un rapporto reso pubblico dal governo nel 2021 si legge infatti che era già stata rilevata l’attività di presunta collaborazione dei servizi nel reclutamento, tuttavia era stata poi abbandonata la pista della complicità saudita.

Un errore di sottovalutazione, fatto anche a causa di successivi depistaggi. Come confermò l’ex agente FBI Mark Rossini, in un intervista nella quale affermò che dall’analista Cia Michael Anne Casey, arrivò l’ordine di non informare l’ufficio federale circa l’identità dei due futuri terroristi, con la motivazione “Il prossimo attacco di Al Qaeda avverrà nel Sudest asiatico. Quei visti per l’America sono solo un diversivo. Quindi l’Fbi non c’entra e non va informato“.