Una svista o una disattenzione, magari nel momento clou della partitella a calcio tra gli amici, e l’11enne protagonista di questa vicenda finisce contro una signora, facendola cadere e procurandole alcune (fortunatamente lievi) ferite, ma la colpa è soprattutto da imputare ai genitori: a dirlo è stata la Corte di Cassazione nei giorni scorsi, esprimendosi sul ricorso avanzato da madre e padre del protagonista 11enne che erano già stati condannati nei primi due gradi di giudizio a pagare 11mila euro a titolo di risarcimento alla donna.



A raccontare la singolare vicenda è il Sole 24 Ore citato da OrizzonteScuola che non scende particolarmente nel merito della caduta soffermandosi – invece – sulla sentenza della Cassazione che si è appellata sia ad un precedente che risale al 2011, sia al Codice Civile e al suo articolo 2048 che definisce il principio per cui “i genitori o il tutore” sono da considerarsi – fuorché non provino l’impossibilità ad “impedire il fatto” – sempre “responsabili del danno cagionato dal fatto illecito” dei figli minorenni dato che avrebbero peccato nel sorvegliare – o anche nell’educare – il pargolo.



La Cassazione: “Educare il figlio 11enne al rispetto è un dovere etico e legale dei genitori”

Lo specifica sempre la Cassazione nella sua sentenza, ricordando che era proprio compito dei genitori educare al meglio delle loro capacità – e soprattutto con un impegno che sia prolungato e costante – il malcapitato 11enne insegnandogli le regole della convivenza civile con gli altri esseri umani; precisando peraltro che la cosiddetta ‘responsabilità genitoriale‘ non va interpretata solo in chiave legale – in quanto vero e proprio dovere dei genitori -, ma anche e soprattutto dal punto di vista etico.



Tornando indietro e lasciando l’11enne ai suoi 11mila euro di risarcimento (che pagheranno i genitori) è interessante recuperare il precedente a cui si sono appellati gli Ermellini: era il 2011 e in quell’occasione si presentarono davanti alla Corte i genitori di un ragazzino che ne aveva aggredito un altro durante una partita di calcio dilettantistica; condannati in primo grado, erano stati prosciolti in Appello perché – a detta dei giudici – non era giusto che fossero i genitori a pagare per gli errori del figlio, ma anche in quell’occasione i Giudici Supremi fecero leva sull’importanza dell’educazione ad ogni livello di vita del minore.