In un giardino di Roma nord delle ragazze minorenni compiono un’aggressione ai danni di una ragazzina più piccola. Già così è una notizia terribile sullo stato di abbandono educativo in cui giacciono molto nostri giovani, sul deserto affettivo e di orientamenti che li circonda, purtroppo però non è tutto. A peggiorare ulteriormente il panorama sta il fatto che la bambina vittima degli atti di bullismo è disabile.
Non solo più piccola, non solo una contro tante ma disabile. Come se alcuni nostri ragazzi non sapessero accettare il diverso soprattutto se fragile, soprattutto se non rispondente a quell’idea di forza, di bellezza, di successo immediato alla quale vengono continuamente stimolati da tv e social. Ancor più terribile il particolare che la violenza perpetrata in un parco ai primi di aprile, sia stata ripresa dai cellulari e pubblicata via Instagram.
Fa riflettere molto pensare che delle adolescenti abbiano pensato alla violenza come vetrina di notorietà. Ed è ancor più sconcertante accorgersi che in molti casi queste ragazzine hanno ragione: un certo pubblico è attratto dalla violenza gratuita come se tutto fosse uno scherzo, come se la realtà fosse quella dei videogame: quindi, nessun rispetto per la vittima inerme e una paurosa certezza di “acchiappare like”, di diventare famose con la cattiveria. L’ultimo ingrediente di questa amarissima storia è, infine, che le protagoniste siano delle bambine: certo, è un dato di parità di genere, ma terribile. Perché non si cancella lo stereotipo femminile negativo, della donna vittima sottomessa a qualsiasi tipo di violenza, con quest’immagine femminile di inaudita violenza che imita il peggio degli stereotipi dell’aggressività maschile.
Questo film dell’orrore sembra girato apposta per confermare la teoria del capro espiatorio di René Girard, quella che spiega come la violenza di gruppo esploda cieca contro chi è diverso: e quindi il nostro sforzo educativo deve proprio essere quello di accettare l’altro perché non è come me.
Sembrerebbe un evento che può lasciare spazio solo all’amarezza e alla perdita della speranza. Voglio vedere tuttavia una luce nell’unanime condanna che ha suscitato questa terribile storia e nel coraggio della vittima e dei suoi genitori, di denunciare e uscire allo scoperto in modo da non far abbassare l’attenzione su episodi di bullismo sempre più gravi e frequenti nella nostra società. A fermare la violenza delle ragazzine infatti è stata la madre della vittima che ha deciso di non restare in silenzio. La figlia, portata al pronto soccorso, è stata dimessa con ventun giorni di prognosi per trauma cranico: ma le ferite dentro l’anima ci metteranno molto di più a guarire. I genitori della bimba si sono rivolti al Centro nazionale contro il bullismo: e questa è un’altra buona notizia. Contro violenze verbali e non, ormai non siamo più soli e dobbiamo avere il coraggio di chiedere aiuto sempre.
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