La comunità di Castelbelforte è ancora sotto choc per l’aggressione subita da una ragazza di 13 anni, colpita con le forbici da due coetanee. Si è salvata dalle assalitrici grazie all’intervento di una passante, Annalisa Zecchetto, che ha visto le teenager accanirsi contro la compagna di classe. Ora la 61enne è testimone chiave della vicenda: ha visto una delle due ragazze a cavalcioni dell’altra, stesa sul prato, mentre la colpiva ripetutamente, l’altra invece teneva ferma la vittima. Nessuna esitazione per la passante: subito è intervenuta per allontanarle, mentre la ragazzina aggredita, a terra in una pozza di sangue, ha avuto solo la forza di dirle. «Aiuto, sto morendo». I medici del 118 arrivati sul posto hanno temuto lo stesso: pochi minuti e la 13enne sarebbe morta dissanguata.



Sottoposta ad una lunga e delicata operazione, ha riportato un grave trauma cranico causato dalle botte ricevute, inoltre i chirurghi le hanno ricucito i tendini del polso perché, forse nel tentativo di difendersi istintivamente dall’attacco con le forbici, ha alzato il braccio destro; ma sono intervenuti anche sulle profonde ferite al capo e ha riportato profonde lesioni al collo e alla nuca. Per la mano sarà necessaria un’altra operazione e una lunga riabilitazione. Ma non meno importanti sono quelle psicologiche. «Spero che riesca a tornare la ragazza spensierata e allegra che era fino a sabato mattina», ha dichiarato la mamma a Il Giorno. Migliora lentamente, ma è importante che stia gradualmente meglio. La preoccupazione ora riguarda la funzionalità della mano. Peraltro, la ragazzina suona il pianoforte. «Per ora dovrà stare ferma un mese. Speriamo che riprenda la mano torni a posto ma per quello che è successo possiamo considerarci fortunati. Ci vorrà tempo per il piano, ma potrebbe essere la sua migliore fisioterapia».



13ENNE AGGREDITA A CASTELBELFORTE: PARLA LA MAMMA

La 13enne di Castelbelforte è rimasta sempre vigile, quindi ricorda tutto dell’aggressione. «Ci ha detto di essere stata attirata fuori di casa con la scusa di andare a fare un giro, poi che quella che l’aveva chiamata e la seconda, una dopo l’altra, hanno iniziato a picchiarla». Una violenza inaudita che lascia basita la mamma: «Sono compagne di classe, c’erano periodi in cui si vedevano spesso, altri un po’ meno ma proprio nulla faceva pensare a litigi o peggio». Sul movente dell’aggressione ci sono diverse ipotesi, anche quella dell’invidia, oltre alla lite per un ragazzino: «La trovo incredibile perché è vero che lei è brava a scuola ma non è mai stata vanitosa. Non è una che parla male dei compagni. L’unica cosa certa è che in pochi minuti a mia figlia sono stati portati via i suoi 13 anni». Rivolge poi un pensiero alla passante che ha soccorso la figlia: «È lei ad aver salvato la vita di mia figlia, non finirò mai di esserle grata». I genitori della 13enne, comprensibilmente sconvolti per l’accaduto, non si muovono dall’ospedale Borgo Trento di Verona dove la figlia è ricoverata.



13ENNE AGGREDITA CON FORBICI: L’INDAGINE

Nel frattempo, è stata avviata l’indagine. I carabinieri hanno trasmesso già al Tribunale dei minori di Brescia il rapporto sull’aggressione a Castelbelforte. Le due assalitrici, dopo la deposizione in caserma, sono state riaffilate alle rispettive famiglie, quindi sono a casa. Avendo meno di 14 anni, non sono imputabili. Ma questo non vuol dire che non possa essere disposta alcuna misura, se sono ritenute pericolose. Ad esempio, se la Procura minorile le accuserà di tentato omicidio, potrebbero scattare misure non penali, ma di sicurezza, come l’affido in comunità o la libertà vigilata. Per questo le famiglie delle due ragazzine, che frequentano la terza media insieme alla vittima, hanno nominato due legali. Con loro si sono presentate all’interrogatorio del pm Ilaria Rolfi presso il Tribunale dei minori di Brescia. Avrebbero avuto un atteggiamento definito «collaborativo». Dunque, avrebbero parlato di rancori a lungo covati a scuola e di una loro reazione per essere state prevaricate dalla compagna. Ma nell’immediatezza dei fatti, davanti agli investigatori e soprattutto alle psicologhe, non ci sono state lacrime né pentimento. Anzi, una delle due ha detto: «Se lo meritava».