Una significativa intervista quella rilasciata da Roberto Di Bella, presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, a La Repubblica. Da 25 anni si occupa di minori e da tempo è in prima linea anche nella lotta alla mafia. Lo fa aiutando anche i ragazzi figli di genitori mafiosi, definendo questa sua impresa come un ‘Erasmus della Legalità’. Fieramente ha dichiarato: “Abbiamo sottratto alle mafie 150 bambini e ragazzi, abbiamo aiutato 30 donne a salvare i loro figli e sé stesse, sette sono poi anche diventate collaboratrici di giustizia. È un risultato che mi ripaga di sforzi e amarezze.”



Di Bella ha parlato di ‘battaglia culturale’. Del resto se le organizzazioni criminali continuano a essere attive nonostante la presenza forte dello Stato significa, secondo il giudice, che c’è una questione culturale. Per questo motivo occorre partire dai più giovani, e soprattutto dai figli di mafiosi, dotandoli di nuovi strumenti culturali che li possano quindi allontanare da contesti votati alla delinquenza. E a chi lo accusa di aver confiscato i ragazzi, Di Bella risponde parlando di rispetto degli obblighi della legge.



NON SOLO FIGLI DI GENITORI MAFIOSI: LA SALVEZZA ANCHE DI MOLTE DONNE

L’opera di smantellamento della mafia non può trascurare anche il ruolo delle donne. Perchè anche attraverso la loro ‘conversione’ si può aggiungere un nuovo tassello nella conquista della legalità. Il lavoro di Di Bella si è da poco incentrato così anche sul salvataggio delle donne, mogli e madri di mafiosi. “Sono sempre di più le madri che hanno capito che, oltre a un futuro diverso per i loro figli, c’è una vita nuova anche per loro. Ci hanno chiesto di portarle via, alcune sono diventate collaboratrici di giustizia ma ci sono anche quelle che non hanno reati da confessare. E adesso sono anche loro che dobbiamo sostenere. Fino ad ora lo abbiamo fatto con il progetto ‘Liberi di scegliere’ con il ruolo fondamentale di Libera di don Luigi Ciotti e della Cei, ma c’è un vuoto legislativo che bisogna urgentemente colmare. Un protocollo, come quello che abbiamo rinnovato ieri al ministero di Grazia e giustizia, certo non basta.”



Il lavoro da fare è quindi ancora lungo, e come ha spiegato il giudice serve anche un quadro normativo che sappia meglio tutelare donne e bambini, dando loro una sicurezza identitaria, economica e lavorativa. In tutto questo contesto la soddisfazione è intanto rappresentata non solo dalle piccole conquiste quotidiane, ma anche dai ‘grazie’ che pervengono dal carcere al giudice, con esplicite richieste di mafiosi che vogliono salvare anche i nipotini da una vita malavitosa.