A Storie Italiane il terribile caso del 15enne che si è suicidato negli scorsi giorni a Senigallia, nelle marche, dopo aver sottratto l’arma al padre, un membro della polizia locale. Il movente sarebbero degli atti reiterati di bullismo da parte di un maggiorenne e due minorenni, una ragazza e due ragazzi, atti ignobili come sputi in faccia, gli abbassavano i pantaloni, “insulti reiterati durante il giorno”, precisa l’avvocato della famiglia.
“La vicenda era già nota – ha proseguito la legale – ai genitori e il giorno dopo mamma e papà del 15enne di Senigallia avrebbero dovuto incontrare il preside dell’istituto proprio per chiarire cosa stesse succedendo. I genitori vogliono che la vita di Leonardo non rimanga inutile – le parole dell’avvocato dei genitori – ma che l’onestà e il parlare possa salvare una vita”.
15ENNE SUICIDA A SENIGALLIA, L’AVVOCATO: “VITTIMA DEL BULLISMO”
L’avvocato ha proseguito: “Lui era vittima di bullismo in classe e l’appello è che chiunque sappia deve dire ciò che sa. Saranno poi gli inquirenti a stabilire quale fosse la verità. I periti stanno analizzando il cellulare di Leo, ma anche il computer e la Play per verificare se al di fuori dell’orario scolastico vi fossero atti di bullismo”.
“Leo era un ragazzo molto educato e sensibile ed è stato vittima di questo ragazzo, che tra l’altro si è scoperto che avessero usato gli stessi metodi in precedenza anche con altri ragazzi. I genitori di Leo si chiedono perchè hanno voluto uccidere il figlio e si sentono impotenti perchè non hanno avuto il tempo di poter agire e capire con la scuola cosa stesse succedendo”. Per l’avvocato l’istituto scolastico sta avendo “un atteggiamento particolare. Nessuno degli insegnanti ha fatto una telefonata di cordoglio ai genitori di Leo, nessuno si è fatto sentire”.
15ENNE SUICIDA A SENIGALLIA, L’AVVOCATO E LA LETTERA DEL PRESIDE
Il legale ha quindi letto una lettera del preside in cui ha invitato i ragazzi a non parlare di fatti di cui non si ha conoscenza o se prima non si hanno verificate le fonte “Il nostro appello è differente – controbatte la legale – il nostro appello è che tutti devono parlare, anche solo delle voci, le indagini possono andare avanti solo con le voci. Leo è stato ucciso dal non parlare, non è stata la pistola ad ammazzare Leo ma il bullismo e le azioni di vessazione continua ma soprattutto il silenzio e il non parlare. Se in quella classe dove avvenivano questi episodi qualcuno avesse parlato Leo probabilmente era ancora qui con noi”.
Eleonora Daniele ha spiegato che la scuola nega che esista una sorta di “baby gang” all’interno dell’edificio e che inoltre ha invitato tutte le classi a tenere un minuto di silenzio in ricordo appunto di Leo. “Dobbiamo chiederci quale sia il compito della scuola – aggiunge l’avvocato – il dirigente dovrebbe farsi qualche domanda per capire cosa succeda in quella scuola, nella giornata di ieri un ragazzo è stato picchiato e Leo che si è tolto la vita”.