Ha fatto il giro del mondo la storia della ragazza sedicenne della Malesia che chiede ai suoi follower su Instagram se continuare a vivere oppure morire. Ha fatto il giro del mondo non soltanto perché il 69% delle risposte dei suoi “fans” ha indicato alla giovane la strada della morte, ma perché l’adolescente – dopo aver letto il responso – lo ha seguito, togliendosi la vita.
Ci troviamo troppo distanti e troppo lontani emotivamente per capire quanto in questa vicenda ci sia di “generazionale” e quanto pesino, al contrario, fattori personali, legati alla storia privata di questa “piccola” che non c’è più e che ha scelto di non esserci. Come appare difficile esprimersi sul meccanismo perverso che porta dei coetanei ad alzare così tanto la posta in gioco da scherzare con la morte, segnalandola come la via da intraprendere nel momento del dubbio e dello sconforto. Troppo dramma e troppa superficialità, accompagnati da un’infinita serie di povertà esistenziali e psichiche, si mischiano in questo racconto per potersi esprimere con sicurezza.
Tuttavia c’è una domanda che non si può eludere e che in qualche misura riguarda tutti: come è possibile oggi stare di fronte all’assurdo, a quell’irragionevolezza dinnanzi al reale che è la vera cifra di fondo del nostro tempo? Come è possibile guardare questi fatti e poter dire qualcosa di sensato, di non banale, e – ultimamente – di non moraleggiante?
Sempre più spesso le notizie di cronaca rompono il modo convenzionale di pensare e ci portano in una dimensione dell’esperienza e del vivere in cui non c’è più niente di ciò che un tempo riconoscevamo come familiare. Si potrebbe dire, con altre parole, che questi fatti o ci trascinano in un orrendo dibattito sulle “colpe” (chi doveva prendersi cura di questa ragazza? I genitori? La scuola? Gli amici? Lo stato con le sue leggi? Instagram?) oppure ci introducono ad un Mistero.
Un Mistero per cui non bastano le analisi, le digressioni, i giudizi anche sensati o acuti, ma per cui occorre qualcosa di più, qualcosa che sia capace di andare oltre le solite categorie con cui oggi si guarda ai giovani e alla società. Nell’epoca della cattiveria e della diffidenza reciproca, la vera differenza la fa la tenerezza. Una tenerezza che non è semplice empatia o compassione, ma che è frutto di una certezza: la certezza di un Bene che viene prima di ogni scelta e di ogni ragionamento. Chi è capace oggi di pensare a quella ragazza con tenerezza, desiderando solo abbracciarla e restituirla al Cielo? Chi è capace di guardare con tenerezza i suoi genitori che la piangono in modo così inatteso e assurdo? Chi è capace di pensare con tenerezza agli adulti che l’hanno incontrata e che oggi si sentono un po’ responsabili di quanto è accaduto? Chi è capace di guardare con tenerezza quei follower così sprovveduti o sadici da non accorgersi del potere dei loro click?
Abbiamo bisogno di Qualcosa che ci ridoni la capacità di stare in silenzio, di non giudicare, di essere semplici compagni del cammino degli altri uomini. Perché è questo che ha fatto il Mistero della vita con ciascuno di noi: ha attraversato l’intera volta celeste per farsi prossimo, per camminare e abitare in mezzo a noi. Accanto al nostro mistero. Desideroso solo di esserci, solo di farci compagnia. Senza pretese, gratis.