Sono arrivati oggi dei rassicuranti aggiornamenti a proposito del caso del ragazzo di 18 anni colpito dal Coronavirus e che secondo i medici aveva i polmoni letteralmente ‘bruciati’ dal Covid-19: nella puntata odierna de “La Vita in Diretta”, infatti, i due conduttori si sono collegati con uno dei medici del Policlinico di Milano dove Francesco (nome di fantasia scelto per il teenager) è ancora ricoverato ma versa in buone condizioni. “Le sue condizioni sono buone in considerazione considerando il tipo di intervento, ora apre gli occhi e riesce a guardare fuori dalla finestra ed è sceso per la prima volta in carrozzina” ha spiegato in diretta il medico, spiegando nei dettagli la storia del ragazzo. “Aveva i polmoni quasi bruciati: noi sappiamo che colpiva soprattutto gli anziani però anche qualche persona giovane e in perfetta salute come Francesco è stata colpita” ha aggiunto, ricordando che la ‘distruzione’ di uno dei polmoni gli impediva oramai di portare a termine qualunque atto respiratorio. Da qui l’idea dell’Ospedale milanese del “San Raffaele” di eseguire un trapianto di polmone e solo dieci giorni fa è arrivata loro la segnalazione di un organo idoneo per l’operazione. Tra l’altro, va ricordato, si è trattato di un trapianto-record mai eseguito in Europa: “Ora a Francesco serviranno altre 3-4 settimane per tornare alla sua vita normale” ha rassicurato il medico alla fine. (agg. di R. G. Flore)
SALVATO DA UN TRAPIANTO
Giovani “immuni” al coronavirus? Una certa narrazione sulla pandemia ha contribuito alla convinzione che solo adulti e anziani siano “vulnerabili”. I dati parlano chiaro: sono i soggetti più a rischio, ma le conseguenze del Covid-19 possono essere devastanti anche per i giovani. Lo dimostra il caso del 18enne con i polmoni “bruciati” dal coronavirus che è stato salvato grazie ad un trapianto record. Il ragazzo, sano e senza patologie pregresse, aveva contratto il Covid-19. In quattro giorni è finito in Rianimazione, per due mesi è rimasto collegato alla macchina per la circolazione extracorporea e poi è stato sottoposto a questo intervento, il primo di questo tipo in Europa. Si tratta di un trapianto bilaterale di polmoni eseguito lo scorso 18 maggio al Policlinico di Milano.
Sars-Cov-2 gli aveva “bruciato” i due organi, quindi nel giro di pochi giorni era incapace di respirare. L’incubo – come ricostruito dal Corriere della Sera – è cominciato il 2 marzo, con una febbre alta improvvisa. In pochi giorni è finito nella Terapia intensiva dell’ospedale San Raffaele di Milano, quindi intubato. “Solo un miracolo” avrebbe potuto salvarlo, avevano detto i medici alla famiglia.
MILANO, 18ENNE CON POLMONI “BRUCIATI” DAL CORONAVIRUS
Il 23 marzo, a causa del nuovo aggravarsi delle sue condizioni, il 18enne è stato collegato, in coma farmacologico, alla macchina salvavita Ecmo. Ma i polmoni erano compromessi. Ad aprile gli esperti della Chirurgia toracica e trapianti di polmone del Policlinico hanno deciso di provare il trapianto, consapevoli che un percorso simile era stato tentato solo in Cina. Lo hanno definito “un salto nel vuoto”. Ma la macchina del Centro nazionale trapianti si è messa in moto e il 18enne di Milano è stato inserito nella lista d’attesa urgente il 30 aprile. Pochi giorni dopo la segnalazione di un donatore disponibile, ma non idoneo. Le sue condizioni continuavano a peggiorare, sembrava ormai ad un passo dalla morte, poi la svolta. È stata individuata una coppia di organi idonei, donati da una persona morta in un’altra regione e negativa al coronavirus. Il trapianto è sempre delicato, figurarsi nel caso del 18enne e col coronavirus di mezzo.
“I polmoni apparivano lignei, estremamente pesanti e in alcune aree del tutto distrutti. È stato poi confermato all’esame microscopico un diffuso danno degli alveoli polmonari, con note di estesa fibrosi settale”, ha dichiarato Mario Nosotti, direttore della Scuola di specializzazione in Chirurgia toracica all’università degli Studi di Milano, al Corriere della Sera. Ma l’intervento si è concluso perfettamente ed è stata sospesa l’Ecmo. Oggi il 18enne è sveglio, collabora e segue la fisioterapia. Inoltre, è lentamente “svezzato” dal respiratore. Ma dovrà seguire una lunga riabilitazione. Nella delicata gestione post-operatoria è stato anche usato il plasma iper-immune.