Il Women’s Hospital International and Fertility Centre (WHI&FC), Uganda, ha annunziato: “Abbiamo raggiunto un risultato straordinario: far nascere due gemelli alla madre più anziana dell’Africa, una donna di 70 anni”. Il dottor Edward Tamale Sali, che ha seguito Safina Namukwaya durante la gravidanza e il parto, ha dichiarato: “questa è una conquista straordinaria, dare gemelli alla madre più anziana dell’Africa”.
Poco tempo prima una notizia simile era arrivata dall’India. Daljinder Kaur, 73 anni, originaria dello Stato indiano di Punjab, sposata da quasi mezzo secolo, con Mohinder Singh Gill, 79 anni, aveva avuto due gemelle; il marito era morto poco dopo il lieto evento.
Quasi contemporaneamente la supermodella Ellie Gonsalves ha pubblicato un post Instagram in cui elenca 117 motivi per non avere figli.
Le tre notizie hanno scatenato reazioni emotive sul web, per lo più negative, in qualche caso positive, comunque problematiche e sempre per motivi ben diversi. Le tre donne hanno ripetutamente affermato di volersi sentire libere di esprimere il loro spirito di maternità, sia pure assumendo posizioni opposte.
Un figlio a tutti i costi?
Il dibattito si pone tra due posizioni estreme: diventare madri a 70 anni o non avere figli per niente? È giusto diventare madre a 70 anni? In Uganda nel 2021 si calcolavano 45 milioni di abitanti, nello stesso tempo in India, uno dei Paesi a più alta concentrazione umana, sempre nel 2021 si calcolavano un miliardo e 400mila abitanti. Non è facile ottenere da entrambi i Paesi informazioni sicure in merito ai casi di procreazione medicalmente assistita (PMA), soprattutto in età avanzata. Non è facile sapere quante siano le gravidanze che di fatto si concludono positivamente con la nascita di uno o più bambini, né quale sia il costo che le coppie debbono sostenere per accedere alla PMA e poi essere seguite durante la gravidanza, fino al momento del parto. Ma soprattutto riesce difficile conoscere le motivazioni di queste coppie, che, se meritano il massimo rispetto davanti al loro desiderio di genitorialità, pongono una serie di interrogativi sull’età in cui hanno deciso di accedere alla PMA. È vero che nei Paesi africani o asiatici lo stigma nei confronti delle donne senza figli può essere particolarmente forte, ma proprio per questo risulta difficile capire perché abbiano atteso e superato i 70 anni prima di avere il figlio.
Il problema non è comunque quello di giudicare le scelte di una donna in merito alla maternità, dovunque viva, ma capire se questa è la scelta migliore per garantire il supremo interesse, o il maggior benessere possibile per il figlio o per la coppia di bambini. Negli ultimi decenni i progressi della medicina nel campo della procreazione sono stati enormi e la tecnologia ha reso possibili interventi ben poco immaginabili fino a pochi anni fa.
Oggi tutto sembra possibile: dalla donazione degli ovuli alla maternità surrogata, con varie e molteplici forme di scambio di DNA tra nucleo e citoplasma, tese a frantumare e moltiplicare i ruoli genitoriali. Si passa dal ruolo di madre genetica a quello di madre gestazionale, prima di approdare al ruolo di madre sociale. Sembra il miracolo della vita che riesce comunque a sconfiggere i pronostici più sfavorevoli, anche quando l’orologio biologico sembra aver esaurito le sue possibilità. C’è un’età fisiologica che indica un limite temporale, ma quel limite recentemente è stato più volte superato e una donna è diventata madre anche oltre i limiti previsti dalla biologia.
Ma quel figlio, quel bambino appena nato, fino a che punto vedrà garantiti i suoi diritti, mentre la madre, e spesso anche il padre, soddisfano il loro diritto, vero o presunto che sia, alla genitorialità? Non si tratta di giudicare le scelte dei genitori, ma di interrogarsi sul futuro dei figli che di questi genitori avranno bisogno ben più a lungo di quanto la loro età cronologica non consenta.
Il difficile bilanciamento dei diritti
Ancora una volta la libertà dei genitori si deve confrontare con la responsabilità di farsi carico di un figlio dalla sua nascita fino al momento della sua completa maturazione. Una responsabilità che inizia nel momento del concepimento e prima ancora, mentre si coltiva il desiderio del figlio, quando il figlio non c’è ancora. C’è un’etica del desiderio che obbliga a confrontarsi con i desideri degli altri, così come c’è un’etica della libertà che non è mai disgiunta dal senso della responsabilità. Ogni figlio ha diritto ad un suo progetto di vita in cui i genitori sono naturalmente impegnati ad accompagnarlo, per aiutarlo a coltivare il suo benessere fisico, la sua ricchezza emotiva ed affettiva, le sue capacità intellettuali e le qualità morali. È ovvio che la responsabilità dei genitori, del padre e della madre, non si esaurisce con la nascita del bambino ma attraversa un lungo tratta della sua vita.
È altrettanto facile obiettare che una madre o un padre, o addirittura entrambi i genitori, potrebbero morire mentre il bambino è ancora piccolo: un incidente, una malattia, un lavoro particolarmente rischioso. Nel caso dei due gemelli nati in Uganda sembra che il papà non abbia accettato la nascita gemellare e si sia sottratto alla responsabilità di farsene carico, disinteressandosi della sorte di Safina mentre era in ospedale. Nel caso di Daljinder Kaur di Kerala, il marito, padre dei due gemelli, è morto poco dopo la nascita dei bambini. In entrambi i casi, per ragioni diverse, le due donne si sono trovate nella necessità di farsi carico da sole dei bambini appena nati. Una ulteriore complessità per la vita futura dei bambini.
Sono mille le cause che potrebbero lasciare il bambino privo dell’appoggio affettivo ed effettivo dei suoi genitori, ma proprio per questo il buon senso suggerisce di riflettere su quella che si chiama la gestione del rischio, il calcolo delle probabilità, per sottolineare come la previsione naturale veda i figli vivere più a lungo dei propri genitori e addirittura prendersene cura nella loro vecchiaia.
In conclusione
Nel caso di una genitorialità in età avanzata come quella dei casi citati il grande assente sembra il buon senso, che in genere aiuta a programmare la nascita di un bambino nelle migliori condizioni possibili per il suo sviluppo. Volere un figlio a tutti i costi, a qualsiasi età, potrebbe rispondere ad una logica autoreferenziale, dal sapore narcisista; quel desiderio di maternità che si configura come un diritto e che la tecnologia rende possibile. Ma non tutto ciò che la tecnica rende possibile è di per sé buono e conveniente. Non c’è un limite di età fisso per avere un figlio, ma il tempo biologico è un buon indicatore, mentre il secondo indiscutibile indicatore, vero e proprio criterio orientatore nella vita di una coppia, dovrebbe essere come garantire il benessere complessivo del bambino, in tutto l’arco della sua vita.
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