Il 2019 conferma quanto ormai è in atto da diversi anni: la musica, come la si intendeva fino agli anni 90, è un fenomeno ormai morto e sepolto. I dischi non solo non si vendono più, si va al primo posto della classifica con 5mila dischi venduti (un tempo in Italia ce ne volevano almeno 100mila per ottenere tale risultato) e ormai non si stampano nemmeno, in quanto tutta la musica transita sulle piattaforme digitali. E’ l’era di Spotify, la piattaforma che ha acquistato i diritti di praticamente tutta la musica del mondo dai Beatles a Sfera Ebbasta. La si ascolta in gran parte gratuitamente, si ascolta una canzone per volta e non più il disco per intero, come era abitudine. E agli artisti vanno pochi centesimi per ogni ascolto. Ciò che permette agli artisti di sopravvivere economicamente sono i concerti, e non è un caso che ormai i biglietti hanno assunto cifre stratosferiche, difficile che costino meno di cento euro fino a cifre spropositate come 300, 400 euro per i nomi più leggendari. Artisti come Zucchero, Vasco Rossi e Ligabue l’hanno capito da tempo, ed ecco perché ormai si esibiscono per poche date all’anno negli stadi o in festival ideati al proposito, dove si radunano anche più di 100mila persone. Anche un simpatico cantante come Max Pezzali che difficilmente si può definire un artista, opta per esibirsi a San Siro con un unico concerto, mentre Jovanotti si è invitato addirittura una sorta di Woodstock itinerante che nel 2019 è stato probabilmente l’evento musicale (e di incassi) dell’anno, il Jova Beach Party.
Il rock in quanto stile musicale è morto e sepolto. L’ultima rivoluzione musicale risale ai tempi del grunge, dei Nirvana, primi anni 90. Da allora si copiano soltanto i vecchi stili, buon esempio sono i Greta Van Fleet, gruppo americano, additato da tutti come cloni dei Led Zeppelin, che nel 2019 hanno pubblicato il loro ultimo disco, Lover, Leaver. Eppure anche nel 2019 hanno ottenuto un buon riscontro, segno che la gente vuole ascoltare la musica di una volta, nessuno sa inventare nulla di nuovo, vincendo il premio Grammy come miglior nuovo artista. Gli stili che dominano soprattuto in Italia sono derivativi dell’hip hop e del rap. Il fenomeno del 2019 è stato senz’altro la cosiddetta trap, caratterizzata da testi cupi e minacciosi. I temi tipici rappresentati sono la vita di strada, criminalità e disagio, povertà e droga. La differenza dal rap sono le melodie più cantante e meno parlate che nel rap, e l’uso spropositato dell’auto-tune, un mezzo digitale inventato per correggere le stonature che nella tra viene usato per creare effetti robotizzanti della voce. Il boom della trap è stato inventato dal rapper della periferia milanese Sfera Ebbasta che nel 2019 piuttosto che alla musica si è dedicato a fare il giudice di X Factor, segno di autorevolezza riconosciuta. Successo enorme, per quanto permetta la musica oggi, cifre cioè molto piccole, è quello di Marracash che nel 2019 ha pubblicato l’acclamato Persona e ha programmato per il 2020 concerti già tutto esaurito in grandi posti come il Forum di Assago. Poi naturalmente il vincitore di Sanremo 2019, l’italo-egiziano Mahmood, che ha inventato una fusione tra trap, rap e musica araba. Altro personaggio che nel 2019 ha ottenuto ampi riconoscimenti è Achille Lauro con l’album 1969 anche se con questo disco ha fatto una virata verso una specie di rock, come nel brano presentato a Sanremo, Rolls Royce, Molto criticato per i testi che fanno chiari riferimenti alla droga, è tra i più amati dai giovanissimi.
Che fine ha fatto il cosiddetto indie invece? Il genere dei cantautori tristi e disillusi già a vent’anni che ha dominato (si fa per dire, il discorso delle vendite vale anche per loro) la scena alternativa italiana? E’ un fenomeno ormai quasi morta, dove i più furbi hanno virato decisamente verso un pop fruibile dalla massa, alcuni dei quali anche presentandosi a Sanremo. Il più amato è senz’altro Motta vincitore nel 2018 della prestigiosa Targa Tenco quale miglior album italiano in assoluto con Vivere o morire. Nel 2019 si è limitato a comparire a Sanremo con il brano Dov’è l’Italia che ha segnato una svolta musicale.
Tra i cantautori di genere classico invece il numero uno si è confermato Niccolò Fabi che con il disco Tradizione e sentimento ha conquistato ormai tutto il pubblico dei trentenni, amanti dei cantautori classici, romantici e intimi e riempiendo i teatri prestigiosi come gli Arcimboldi di Milano. Da parte dei grandi “vecchi” invece il fenomeno dell’anno è stato il disco a sorpresa di Mina e Ivano Fossati insieme. Il secondo si era ritirato da anni dalle scene musicali, ed è tornato solo per duettare con la più grande cantante italiana di sempre che purtroppo come ormai da decenni non fa più concerti. Dal punto di vista luttuoso invece, è stata la morte a 84 anni di Fred Bongusto, grandissimo cantante melodico degli anni 60 e 70, a segnare la cronaca.
Dal punto di vista internazionale va segnalato l’enorme successo del biopic dedicato ai Queen, Bohemian Rhapsody, che ha vinto il premio Oscar come miglior film mentre l’attore che interpreta Freddie Mercury, Rami Malek, ha vinto come miglior attore protagonista. Sempre legato a un film, il remake di E’ nata una stella, dominatore dell’anno è il duetto di Lady Gaga e Bradley Cooper nella canzone Shallow. Si conferma poi l’artista dal maggior successo commerciale Taylor Swift con l’ultimo disco Lover uscito nel 2019. Ma emergono anche nomi nuovi dalle classifiche di Spotify come Post Malone in prima posizione come artista più ascoltato dell’anno: il cantante statunitense ha soffiato il primo posto alla giovanissima Billie Eilish che si piazza seconda, seguita da Ariana Grande.