Dal punto di vista della riforma delle pensioni, il 2019 è stato indubbiamente contraddistinto da Quota 100. La misura varata dal Governo giallo-verde è stata difesa e criticata con diverse argomentazioni, perlopiù riguardanti le risorse utilizzate e gli effetti sul mercato del lavoro. Su quest’ultimo fronte era già ampiamente prevedibile che i pensionandi sarebbero stati sostituiti da nuovi lavoratori principalmente nel settore pubblico, dato che in un momento di incertezza economica per le imprese private è preferibile riorganizzare l’attività per assorbire e “distribuire” sulla struttura esistente quella svolta dal pensionato che non farsi carico di un nuovo dipendente. Per quanto riguarda le risorse stanziate per Quota 100, invece, chi ne critica l’entità spesso evidenzia anche quanto le domande per accedere alla misura siano state inferiori alle previsioni: va da sé, tuttavia, che un minor utilizzo della misura contribuisca a farne diminuire la spesa. Tanto che già quest’anno, come per il prossimo, i fondi per Quota 100 sono stati parzialmente “dirottati” altrove.
QUOTA 100 E PENSIONI 2019: QUANTE POLEMICHE CHI AVRA’ RAGIONE?
A parte queste considerazioni, il vero limite di Quota 100 pare però essere dato dal fatto che rappresenta un avvicinamento al traguardo della pensione solo per talune categorie di lavoratori, escludendo chi ha avuto carriere discontinue o non è in grado di arrivare ai 38 anni di contributi prima dei 64 anni di età. Paradossalmente continuando a lasciare lontana la quiescenza per chi lavora da 40 anni, ma non è ancora 62enne. In questo senso è stato fortunatamente messo (proprio da quest’anno) un freno all’adeguamento all’aspettativa di vita del requisito per la pensione di anzianità, almeno fino al 2026. Alla faccia dei tanti discorsi sulla necessità di iniziare a lavorare il prima possibile nella vita, per chi l’ha fatto la possibilità di andare in pensione (salvo alcuni casi) oggi infatti è data solo dopo il versamento di 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne).
RIFORMA PENSIONI 2019, TRA PACE CONTRIBUTIVA E RISCATTO DELLA LAUREA
Un’altra novità importante del 2019 nel campo della riforma delle pensioni è stata la pace contributiva (utile in particolare per chi, certo non per colpa sua, ha lavorato senza vedersi versati i contributi e non sa su chi rivalersi), mentre il riscatto agevolato della laurea pare aver dato una spinta importante anche al riscatto “tradizionale” degli anni di studio all’università. Ancora oggi questa misura viene spesso utilizzata verso la fine della carriera proprio per avvicinare il traguardo pensionistico. Il suo costo sarebbe certo inferiore se il riscatto venisse esercitato quando si comincia a lavorare: ma chi può fare un investimento così importante su un orizzonte temporale di circa 40 anni quando sente ripetere da più parti che i giovani non avranno la pensione?
PENSIONI E GIOVANI: ANNUNCI SENZA PROPOSTE VERE
Nonostante i tanti annunci sulle pensioni, infatti, anche il 2019 è trascorso senza una misura pensionistica pensata per i giovani e senza che si sia proceduto a separare previdenza e assistenza in modo da avere un computo più vicino alla realtà della spesa pensionistica su Pil del Paese e prevederne in modo più accurato la sostenibilità. E già che stiamo parlando di “assenze”, in questo 2019, nonostante fossero interventi già “previsti” al termine della scorsa legislatura, non si è proceduto a trovare una soluzione per i circa 6.000 esodati ante-Fornero ancora esclusi dalle salvaguardie e non si è sanata l’ingiustizia che non consente il cumulo contributivo gratuito a chi vuol accedere a Opzione donna e all’ottava salvaguardia degli esodati. Nessun intervento, a parte la proroga annuale di Opzione donna (che comporta, va ricordato, il ricalcolo contributivo dell’assegno pensionistico) è stato pensato per la platea femminile che fatica a cumulare anzianità contributiva (e per questo Quota 100 non l’aiuta).
Il 2019 delle pensioni, infine, ha portato anche il contributo di solidarietà sulle cosiddette pensioni d’oro e a un nuovo blocco parziale delle indicizzazioni. Anche chi è già in quiescenza, quindi, non può essere del tutto contento dell’anno trascorso.