Boris Johnson ha deciso di vietare la vendita delle auto a benzina e a gasolio in Inghilterra dal 2030. Aveva anche pensato di abolire la povertà nel 2050, ma ci ha rinunciato perché qualcuno lo aveva già fatto in Italia lo scorso anno e pareva brutto. A parte le battute, il senso della prima notizia, quella vera, è questo: un modo elegante per dare un calcio al barattolo, fare una bella figura, darsi un obiettivo e tutto il tempo per rimandarlo. Poi, sulla carta, c’è anche una pioggia di soldi, in sterline, per investimenti sui punti di ricarica (1,3 miliardi), sugli incentivi alla rottamazione (582 milioni), per le batterie (500 milioni) e addirittura sull’idrogeno (500 milioni), ma solo – chissà perché? – per la sperimentazione nelle abitazioni per il riscaldamento e la cucina.



Dette così sono cifre che fanno un po’ impressione, ma basta guardarci dentro per cambiare idea. Il miliardo e 300 milioni di sterline permetteranno di costruire in dieci anni circa centomila colonnine che vanno sommate alle 10mila che già esistono Oltremanica. Il totale arriva a 110 mila che, in ogni caso, non è un gran numero visto che in Italia ci sono 22 mila benzinai che servono ogni giorno decine di clienti. Ipotizzando tempi di ricarica di tre ore di media di giorno e una sola ricarica di notte, in Inghilterra si potranno ricaricare in spazi pubblici 6/700 mila auto al giorno, il 2% del parco circolante nell’Isola. Un po’ poco. Anche i 582 milioni di sterline destinati alla rottamazione fanno meno impressione se confrontati con i 34 milioni di auto che percorrono, contromano rispetto a tutti noi, le strade inglesi. Anche ipotizzando che, sempre in dieci anni, vengano rottamate un decimo delle auto britanniche, il bonus sarebbe di 170 euro a vettura.



Il divieto del 2030 per le auto e i furgoni a benzina e diesel arriva dopo quella che Downing Street ha definito “un’ampia consultazione con le case automobilistiche e i venditori” e non stentiamo a crederlo. Produttori e commercianti, dopo aver tentato per anni di andare controcorrente cercando di spiegare quanto fosse prematura una transizione e quanto quest’ultima fosse poco apprezzata dai clienti, hanno alzato bandiera bianca. All’insegna del “se non puoi batterli unisciti a loro”, hanno cominciato ad accarezzare l’idea di velocizzare il cambiamento del parco auto e vendere milioni di auto elettriche per rimettersi in carreggiata. Certo l’ideale sarebbe una bella legge che vieti fin da subito non solo la vendita, ma anche l’utilizzo di auto a benzina e a gasolio per costringere tutti ad acquistare, magari a rate, una nuova vettura elettrica. Ma non si può ancora fare perché davvero milioni di persone non possono ancora fare a meno di un’auto tradizionale.



I problemi sono sempre gli stessi: l’autonomia, i tempi di ricarica e le stazioni di ricarica. Proviamo a lavorare di fantasia per fare un esempio. La Regina Elisabetta a Buckingham Palace decide di festeggiare i suoi 95 anni in Scozia, nella sua residenza di Holyrood Palace a Edimburgo, e di andarci con un’auto elettrica. Oggi non ci sono ancora Rolls Royce elettriche, ma la casa automobilistica inglese ha già annunciato qualche mese fa che “nonostante non ci sia alcun tipo di richiesta da parte della clientela sarà inevitabile nel 2030 presentare un’auto a batteria”. Quindi, per ora, la Regina dovrebbe accontentarsi delle Rolls Royce elettriche modificate pochi mesi fa dall’azienda britannica Luna Design che hanno un’autonomia di circa  450 chilometri e un costo vicino alle 400 mila sterline.

A questo punto il segretario particolare, gli addetti alla sicurezza e, immaginiamo, l’infermiera e il medico, sono di fronte a un bivio: arrivare più o meno a metà strada, diciamo nello Yorkshire, individuare una stazione di ricarica, prenotarla e far attendere qualche ora la Regina in attesa che l’auto si ricarichi oppure mandare una seconda auto su una bisarca a metà strada, farla aspettare fino all’arrivo di Sua Maestà e poi trasbordare la regina su una nuova auto elettrica. In quest’ultimo caso bisognerebbe, poi, pensare anche alle persone che l’accompagnano e alle altre auto elettriche del corteo reale che non potrebbero proseguire. Meglio forse, restare a Buckingham Palace e ordinare una pizza. Almeno per ora.

E il concetto è tutto qua: le leggi come quella inglese o come quella della California immaginano che nei prossimi dieci anni ci sarà una tale evoluzione della tecnologia delle batterie che risolverà tutti i problemi attuali e che le industrie sforneranno auto elettriche adatte a tutti. O sanno qualcosa che noi non sappiamo oppure legiferano sulle speranze. Tertium non datur.