Si è conclusa la terza fase di tamponi presso il centro di accoglienza situato nell’ex Caserma Silvio Serena, fra Treviso e Casier. Sulle 309 persone sottoposte al test per il coronavirus, leggasi 284 migranti e 25 operatori, ben in 244 sono risultate essere positive al covid-19 (di cui 233 immigranti), mentre 47 sono negativi. Restano ancora 18 tamponi da processare, ma la situazione è di assoluta emergenza, visto che ha riportato i dati del Veneto a livello di guardia, tenendo conto che il numero di migranti positivi all’interno dello stesso centro è cresciuto di 100 unità in una settimana, dai 133 del 31 luglio ai 233 di oggi. Nulla cambierà comunque nella gestione dello stesso, con i positivi che rimarranno in quarantena nella struttura, fino a che non saranno passati i fatidici 14 giorni e il doppio tampone sarà negativo. «Quella struttura – le parole del governatore Zaia, riportate in data odierna, 7 agosto, da Il Gazzettino – così come tutte le altre simili da Oderzo a Jesolo, deve essere dismessa: è evidente che il gestore non sa garantire la sicurezza sanitaria».



244 POSITIVI INC ENTRO MIGRANTI, ZAIA: “NE PARLERO’ CON SPERANZA”

«E’ altrettanto ovvio – ha proseguito Zaia – che deve essere eliminato questo modello di accoglienza, che prevede assembramenti del genere, a fronte dell’incapacità della gestione di garantire la qualità del presidio sanitario. Se prima questi centri erano intollerabili, ora con Covid sono assolutamente da bocciare, senza se e senza ma. Non lo diciamo perché va di moda farlo, lo diciamo da sempre e adesso a maggior ragione». Peccato per che da “Roma”, come spiega lo stesso governatore, non sia arrivato “alcun riscontro”: «Vorrà dire – ha proseguito – che nella prossima telefonata ne parlerò con il ministro Roberto Speranza, perché è fondamentale che si faccia chiarezza. Noi siamo persone responsabili e infatti i nostri sanitari hanno la disposizione di continuare a testare tutti. Per fortuna sono asintomatici, ma da lì non devono uscire». Secondo Zaia questo focolaio è «frutto di un’incubazione iniziata chissà quanti giorni fa ma è evidente che quello non è un centro di educande. C’è l’obbligo della mascherina e di rispettare le distanze, ma vedo che quei ragazzi hanno sempre qualcosa da ridire, quando invece i veneti si sono chiusi in casa per mesi senza fiatare e ora non possono veder buttati via così i loro sacrifici».

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