Non ho bisogno di patentini di antifascismo. Sono cresciuta tra le favole, le memorie partigiane narrate da Fenoglio e Pavese, vissute e riparate da mio padre; tra i ricordi di parenti poveri, ancora più poveri per aver sempre rifiutato la tessera del fascio; capaci di rischiare la vita per nasconder perseguitati, di scappare in montagna per non combattere una guerra sbagliata, per aiutare i partigiani “buoni”, tra una rosario nella stalla e una sortita per salire nei boschi a portare un messaggio, un po’ di cibo.



A scuola, ancora piccolina, leggevano il Diario di Anna Frank e le Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana, e sono ferite che ancora fanno male. Conosco i canti, le lacrime, l’orrore, la paura, la voce del Duce e gli echi lasciati negli incubi dei miei genitori. Nessuno mi ha mai parlato, a scuola, delle foibe ad esempio, o del triangolo rosso in cui persero la vita, trucidati, decine e decine di innocenti, o di colpevoli che avrebbero potuti essere assicurati alla giustizia, se ci fosse stata una giustizia. I rossi erano giustizia e libertà, finché qualcuno ha ricominciato a sparare, trent’anni dopo, e si è compreso che l’ideologia è cieca e assassina.



All’università arrivavano i samizdat che svelavano le ombre del gulag, e più vicino a noi, abbracciati da un papa coraggioso, la baldanza degli eroi di Danzica.

Sulla Resistenza non si può cambiare idea, ma si può e si deve saperne di più, liberarsi dalla retorica, condannare le atrocità, distinguere il male e il bene, in quella che è stata una guerra civile, non una guerra di liberazione.

Ogni Stato ha momenti fondativi, e noi abbiamo scordato il Risorgimento e datato l’unità d’Italia nel ’45. Poteva andarci peggio: in Francia festeggiano il massacro del 14 luglio, l’incipit del Terrore. Ma la storia, assolutizzata o negata, fa danni che ancora paghiamo nella politica, nelle élites della cultura, dell’informazione. Fascista è diventato sinonimo di infame, infamante l’attributo, solo che viene distribuito a raffica, a chiunque esprima idee discordanti dal pensiero decretato dall’alto. Fascista se racconti le zone oscure della Resistenza, fascista se compiangi i sacerdoti uccisi nelle campagne emiliane, fascista se  non canti “Bella Ciao”, fascistello o sospetto se i tuoi eroi non sono Togliatti e Pertini, ma piuttosto De Gasperi. Se i terroristi rossi e neri per te pari sono, e da onorare le loro vittime allo stesso modo; se non hai indulgenza per i cattivi maestri che sproloquiavano dalle aule universitarie e ritieni Tolkien un immenso scrittore e maestro. Se non apprezzi le pasticciate disposizioni del governo dei “cittadini” e dei loro sodali avvezzi a cambiare nome allo stesso partito, se deprechi la cappa oppressiva di decreti e delibere con cui, non sapendo che fare, ci stanno togliendo l’aria per respirare, prima che ci intubino in un respiratore.



Allora, il 25 aprile è da raccontare ai bambini, ai ragazzi esattamente come l’hanno raccontato a me: leggendo buoni libri, guardando i filmati di Rai Storia e qualche film d’autore, tramandando le storie di chi ancora ci è testimone. Le sfilate, reali o virtuali di partigiani fittizi sono grottesche, i “Bella Ciao” ripetuti rimandano a La casa di carta più che a un canto di morte tristissimo e pieno di dolente nostalgia per la vita.

Se di liberazione vogliamo parlare, battiamoci per liberare gli schiavi e le schiave che nel nostro paese si nascondono in antri putridi a vendersi per un tozzo di pane, donne e bambini; osiamo parlare a viso alzato con i tiranni che opprimono il loro popolo, anziché trattare apertamente o di soppiatto con loro. Pretendiamo la verità su Giulio Regeni, sui perseguitati in Turchia, sulle libertà negate nei potentati arabi; smettiamola con le ambiguità nei confronti di dittatori come il venezuelano Maduro, ricordiamo che a Cuba le carceri sono ancora piene. Basta con la comprensione per i compagni che sbagliano, con il pugno di ferro necessario, solo se si alza il pugno chiuso.

E soprattutto evitiamo di farci colonizzare dalla Cina, una tirannia senza se e senza ma, che nega e schiaccia ogni diritto elementare, in primis quello di esprimere e praticare la propria fede.

Ah già, anche da noi le chiese restano incomprensibilmente chiuse, e sarebbe bello se il 25 aprile ce le liberassero, come liberano molte attività commerciali.