Nei primi duecento giorni dell’anno in corso in Nigeria sono stati uccisi 3.642 cristiani, poco meno di quanti ne sono stati uccisi nel corso dell’intero 2020. Trecento le chiese distrutte, 10 i sacerdoti uccisi, centinaia le ragazze rapite da istituti scolastici costrette a convertirsi all’islam e diventate schiave sessuali. Sono i terrificanti e sconcertanti dati diffusi da due Ong che operano nel paese africano, il Comitato internazionale sulla Nigeria in collaborazione con l’Organizzazione internazionale per la costruzione della pace e la giustizia sociale, obiettivi che in Nigeria sembrano più lontani che mai.
Non è solo la famigerata organizzazione islamista Boko Haram a compiere questa sorta di “pulizia religiosa”, come ci ha spiegato Marco Di Liddo, responsabile dell’Area Geopolitica e analista responsabile del Desk Africa e del Desk Russia e Balcani del Cesi (Centro Studi Internazionali). Stupirà poi sapere che Boko Haram, ai suoi inizi, non era neppure una organizzazione terroristica, anzi. Era una sorta di welfare islamico costituito da Ustaz Mohammed Yusuf nel 2002 che si occupava, nel nord del paese a maggioranza islamica e da sempre in condizioni di estrema povertà, di costruire scuole e sostenere la popolazione. Poi la svolta, con l’infiltrazione di elementi estremisti e lo scontro con le forze militari governative. La questione cristiana nasce, ci ha detto ancora Di Liddo, dalla scellerata decisione, in seguito alla guerra del Biafra, “di trasferire nel nord islamico famiglie e gruppi cristiani a cui sono stati concessi territori come riparazione alle perdite subite, cosa che ha suscitato la rabbia e la paura dei musulmani di vedersi portare via i loro territori da quelli che per loro sono miscredenti”.
Siamo davanti a una autentica pulizia etnica dei cristiani. I miliziani di Boko Haram stanno conducendo l’offensiva finale?
Dobbiamo chiarire un concetto fondamentale. Boko Haram è solo un’espressione politica molto peculiare di tutta una serie di problematiche economiche e di conflittualità interetnica e interreligiosa che caratterizzano il nord della Nigeria. Boko Haram è venuta fuori in seguito a tante linee di frattura economiche, sociali, etniche e confessionali che segnano il quadrante nord del paese.
Però Boko Haram sembra la realtà islamista più feroce e scatenata, o no?
È facile dare la colpa solo a Boko Haram perché fa attacchi particolarmente crudi che hanno un forte portato propagandistico. A livello di morti, basandosi solo sulla cruda statistica, la violenza inter-comunale, come la chiamano gli inglesi, che sarebbe la violenza sociale, economica, settaria e religiosa che prescinde dal marchio di Boko Haram, fa molti più morti di Boko Haram.
Ancora peggio.
Il vero problema è questa conflittualità eterogenea multiforme che attraversa trasversalmente le società della Nigeria nord orientale e che in questo momento conosce una recrudescenza.
Perché?
Perché questa parte del mondo sta soffrendo più di altre per gli effetti economici della pandemia e l’impoverimento delle comunità a causa degli impatti del cambiamento climatico.
I pastori fulani fanno parte di questo islamismo terroristico?
I guerriglieri fulani in Nigeria sono molto meno presenti che nel Sahel, in Niger, in Mali. È un discorso trasversale, è una vulnerabilità economica che fa sì che le parti più povere entrino in conflitto le une contro le altre.
Quindi è il caos totale? Resta il fatto che i cristiani stanno pagando il prezzo più alto.
L’effetto finale è quello di avere diversi gruppi che si confrontano. Ovviamente la violenza contro i cristiani diventa più forte perché nel nord sono una minoranza e come tutte le minoranze sono discriminati e vivono accerchiati dalla grande maggioranza dei musulmani.
Alla base di tutto, come sempre, c’è una questione di sopravvivenza economica più che religiosa?
Va chiarito un particolare storico di cui non si parla mai. La maggior parte dei cristiani del nord sono i discendenti di una comunità che fu riallocata dal governo dopo la guerra del Biafra negli anni 70. Molti sfollati furono trasferiti nel nord come forma di compensazione e vennero date loro delle terre. Ovviamente le comunità originarie islamiche percepirono questa politica come una violazione delle loro norme e una invasione dei miscredenti nella terra sacra. Da qui inizia la discriminazione anticristiana. Dietro a questa persecuzione contro i cristiani si nascondono in realtà conflitti tra pastori e contadini o tra possedimenti terrieri e braccianti. Boko Haram cavalca questa onda nel tentativo di fondare uno stato islamico.
Intanto i cristiani fuggono verso il sud del paese. Si arriverà a un nord Nigeria interamente islamico, a un nuovo stato islamico?
Non dobbiamo confondere le due cose, il nord della Nigeria è in assoluta maggioranza islamico. Non è che con l’offensiva di Boko Haram si passerà dall’attuale 98% musulmano al 100%. Il dato di fatto è che lo stato è incapace di arginare questa violenza e se non si risolvono questi fattori di criticità, i problemi endemici del paese, non si riesce a arginare Boko Haram. Possiamo sconfiggerla, ma se non si risolvono i problemi verrà fuori un altro gruppo peggio di quello.
(Paolo Vites)
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