L’avvocato è un lusso per gli italiani: in 3 milioni rinunciano alla giustizia
L’avvocato, e più in generale le elevate spese processuali, è un lusso che tante, troppe, famiglie italiane non possono permettersi. Un fatto sicuramente grave e da non sottovalutare perché l’altra faccia della medaglia è rappresentata dal fatto che quelle stesse famiglie, per cause di forza maggiore, si trovano a rinunciare al loro diritto alla giustizia, con l’effetto che talvolta finiscono per trovarsi a scontare pene per reati che non hanno commesso, ma senza poterlo dimostrare.
A livello statistico, si stima che siano circa 3 milioni le famiglie italiane che non possono permettersi le spese per un avvocato o per ottenere giustizia, delle quali circa 600mila potrebbero essere incluse in reati anche gravi, talvolta dalla parte dell’offeso. Queste, infatti, risultano troppo “ricche” per poter accedere ai percorsi di patrocinio gratuito, perché nonostante abbiano stipendi mensili attorno ai 1.000/1.100, superano la soglia fissata dalla legge, che è di appena 12.838 euro. Al di là del costo del singolo avvocato, che può essere più o meno alto, queste famiglie dovrebbero anticipare attorno ai 5mila euro per sostenere una causa in tribunale, tra bolli, perizie e notifiche degli atti.
Una proposta per rendere la giustizia più sostenibile
Insomma, il sistema della giustizia presenta un evidente, e per certi versi drammatico, problema, che non permette a troppe famiglie italiane di accedere alla consulenza di un avvocato. Tuttavia, è attualmente in fare di presentazione una proposta di legge, avanzata da Chiara Tacchi dello studio Tacchi & Tosini di Gallarate, che sarà discusse nelle prossime settimane (o mesi) dalla Commissione giustizia del Parlamento, appoggiata anche dall’associazione degli avvocati Pro Bono.
L’idea generale sarebbe proprio quella di rendere il modello dell’avvocato simile a quello anglosassone, “dove gli studi legati che si prestano all’assistenza legale senza parcella sono molti”. In Italia questi sono appena una 50ina, che ricevono dallo stato 20 milioni di euro, ma si punterebbe anche ad aumentare questa cifra per rendere il sistema ancora più sostenibile economicamente. Tuttavia, affinché il sistema pro bono nella giustizia italiana funzioni veramente dovrebbero esserci molti più volontari, disposti a rinunciare alla loro parcella da avvocato per garantire il diritto alla giustizia che è sancito dalla nostra stessa costituzione, secondo la quale “la legge è uguale per tutti”, ma ora, evidentemente, non per i poveri.