Suicida in carcere a tre mesi dalla fine della pena. Questa la notizia drammatica che ci giunge stamane da Verona, dove un detenuto di soli 30 anni, originario del Marocco, non ha resistito e si è tolto la vita impiccandosi nella propria cella. L’episodio si è verificato presso il carcere veronese di Montorio, lo stesso dove si trova anche Filippo Turetta, l’omicida reo confesso della povera Giulia Cecchettin. Come si legge su Rai News, a confermare la notizia è stata l’associazione “Sbarre di Zucchero”, nonché la direzione dell’istituto all’agenzia Ansa.
Stando a quanto appreso sembra che l’uomo avesse dei problemi psichici e nei giorni precedenti aveva colpito uno psichiatra a seguito di un colloquio, continuando inoltre a manifestare dei comportamenti aggressivi. Proprio per questo era stato trasferito dalla sua sezione e messo in una cella da solo dove però si è tolto la vita. Purtroppo si tratta del terzo caso di suicidio nello stesso istituto di Verona, in un mese, a conferma di quanto la situazione stia divenendo sempre più drammatica nelle carceri italiane.
30ENNE SUICIDA IN CARCERE A VERONA “UN SILENZIO INSOPPORTABILE”
Il portavoce di “Sbarre di Zucchero” a riguardo parla di un tema pregnante ma nonostante ciò c’è “un silenzio insopportabile”. 24 ore fa un detenuto si era tolto la vita a San Vittore, in quel di Milano, dopo essere entrato in carcere da poco. “Dietro ogni numero – ha commentato il ministro della Giustizia Carlo Nordio – c’è il dramma di una persona e c’è la sconfitta dello Stato, per non essere riusciti ad evitarlo”.
Così invece il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa: “È uno stillicidio a cui bisogna porre fine innanzitutto rinunciando al carcere per reati minori e non violenti come quello che ha portato alla morte un ragazzo di ventun anni”. I casi di suicidi in carcere avvengono solitamente poco dopo l’ingresso in carcere ma anche vicino alla scadenza della pena: la vita in galera fa paura e nel contempo anche il “fuori” preoccupa. Nell’87 per cento dei casi i detenuti si impiccano, mentre nel 7 per cento si infilano un sacchetto di plastica in testa o respirano gas da un fornello elettrico.