Nel corso dell’audizione di ieri presso la commissione Lavoro del Senato, l’Istat ha offerto una lettura molto interessante sull’impatto occupazionale delle misure di lockdown in relazione all’impatto settoriale delle sospensioni lavorative. L’analisi aggiorna quella precedente del 7 di aprile u.s, anche in relazione alle stime provvisorie della caduta tendenziale del Pil del 4,8% nel primo trimestre del 2020, rispetto al precedente anno, destinata purtroppo a peggiorare nel corso dei prossimi mesi.



Secondo l’istituto di statistica, le misure adottate per contrastare la diffusione dei contagi avrebbero già  comportato una riduzione su base annua del 2,2% dell’occupazione, pari a 385mila unità tra le quali 46mila irregolari, in grande prevalenza concentrate nei settori del turismo, della ristorazione, nel commercio e nei servizi alle persone. In pratica per i settori che hanno un’elevata componente di lavoratori a termine o stagionali, e particolarmente esposti agli effetti delle misure di distanziamento sociale. Sono le attività  dove si concentra quasi tutta la quota, il 32%, delle sospensioni lavorative che hanno riguardato in misura minore le attività manifatturiere, dei servizi pubblici, finanziari e assicurativi, anche per l’utilizzo contemporaneo dello smart working.



Per queste ragioni, almeno in questa fase, la riduzione degli occupati coincide con il non rinnovo dei contratti a termine già scaduti o alle mancate assunzioni di lavoratori stagionali, destinate, almeno in parte, a protrarsi nel tempo per il proseguo delle misure di distanziamento. La riduzione degli occupati, già  in parte evidenziata nella rilevazione statistica per il mese di marzo 2020, non si è  riflessa sul numero delle persone in cerca di lavoro, ma su quella degli scoraggiati inattivi, per l’evidente impossibilità di trovare nuove opportunità  di lavoro in questa fase straordinaria.



L’analisi svolta dall’Istituto di statistica nazionale aiuta a comprendere alcune dinamiche che sono in atto nel tessuto produttivo e occupazionale, ma, purtroppo, non è in grado di stimare l’effetto di trascinamento della riduzione delle attività sull’occupazione nei prossimi mesi.

Molto dipenderà dall’efficacia delle misure di contrasto che si  stanno adottando nelle diverse aree dell’economia globale. Ma anche le previsioni più ottimistiche contemplano una riduzione significativa dei Pil e del commercio internazionale, che si rifletterà sulle nostre esportazioni. Con un effetto già quantificato dall’Istat in una perdita in corso di 125mila posti di lavoro.

Le istituzioni, le imprese e i consumatori faranno i conti con livelli di indebitamento più elevati. Tra questi, solo gli Stati sono in grado, a determinate condizioni, di utilizzare la leva del debito per stimolare la ripresa economica. Le imprese si dovranno interrogare riguardo la sostenibilità  dei programmi di investimento e al dover  ricostruire le relazioni con clienti e fornitori. Una parte delle stesse, quelle già in difficoltà, probabilmente chiuderanno i battenti.

L’indice di fiducia delle imprese, comunicato ieri dall’Istat è precipitato al minimo storico del 51%. Quello dei consumatori al 94%, inferiore a quello registrato nel 2013, l’anno peggiore della crisi precedente. Influenzato anche dall’effetto psicologico delle misure di lockdown che hanno avuto un impatto pressoché  totale su circa 2,2 milioni di occupati.

Infine, è  necessario tenere in debito conto le implicazioni delle misure di sostegno al reddito sulle stime e sui comportamenti delle persone che stanno perdendo, o hanno perso il lavoro. Per molte lavoratori la proroga delle casse integrazioni comporterà la formale sopravvivenza di un posto di lavoro sostanzialmente esaurito. Per altri ambiti, come nel caso del reddito di cittadinanza, il sostegno al reddito finisce per scoraggiare la ricerca di nuovo lavoro.

Chi è  preposto a governare questa fase difficile della nostra storia non deve sottovalutare il peso economico dell’incertezza. L’antidoto principale è  rappresentato dalla credibilità  delle Istituzioni, dalla capacità di far coincidere la comunicazione con la concretezza degli interventi e nello stimolare nella giusta direzione i comportamenti degli attori economici e delle persone.

Questo diventerà un fattore decisivo nell’immediato futuro perché la rapidità, e l’intensità, della ripresa economica non dipenderà solo dalla quantità  delle risorse disponibili, che non sono affatto scarse, ma dai livelli di efficienza nel saperle gestire.

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