Il racconto del primo Meeting è affidato oggi a uno dei suoi promotori e organizzatori e a un giornalista che ha dato negli anni col suo lavoro un notevole contributo alla manifestazione.

È la sera del 9 agosto del 1979, poco dopo le undici alla fine di un concerto di chitarra classica svoltosi nel borgo san Giuliano di Rimini, in piazza Padella (luogo caro alla memoria di Federico Fellini), quando un gruppetto di amici impegnati nelle attività culturali dell’associazione “il Portico del vasaio” si ritrovano attorno al tavolo del vicino bar e parlano di cosa? Di dare una forma più corposo al desiderio che li anima mettendosi anche in dialogo con la realtà riminese che ospitava ogni anno decine di migliaia di turisti provenienti da tutta Europa. Lo chiameremo, fu proposto,  “Meeting per l’amicizia fra i popoli”.



Da quel momento 10 mesi di intenso incrocio di rapporti, di coinvolgimento con altri operatori culturali e non portano alla prima edizione dell’agosto 1980. Di questa ricordo solo il risultato che fu al di là di ogni più rosea aspettativa. Come presidente della manifestazione infatti fui costretto a curare soprattutto l’organizzazione di un evento così imprevedibilmente partecipato e resocontato dalla stampa d’Italia e d’Europa, mentre la parte culturale era più affidata agli altri partner dell’iniziativa  (il settimanale “Il Sabato”, la casa editrice “Jaca Book” e il “Movimento popolare”).



Con un piccolo salto di 40 anni posso dire che l’emozione e la trepidazione di quei giorni è la stessa di oggi quando a pochi giorni dall’apertura dei saloni della fiera mi chiedo se l’avvenimento che ho visto accadere davanti ai miei occhi in queste trentanove edizioni accadrà nuovamente per ridare a me e agli uomini di questo tempo l’occasione di un incontro umano ricco di significato e di speranza.

Antonio Smurro (Rimini)

 

Sono giunto alla prima edizione del Meeting come “ultimo arrivato”, nel senso letterale, perché sono arrivato l’ultimo giorno domenica 31 agosto 1980 direttamente dalla Polonia, precisamente da Danzica, dove per conto del settimanale “Il Sabato” avevo seguito il grande sciopero degli operai dei cantieri navali per ottenere un sindacato indipendente. Avevo ricevuto tante telefonate da Rimini da Emilia Smurro, organizzatrice del Meeting, e da Fiorenzo Tagliabue, direttore de “Il Sabato”, che mi riferivano del grande interesse per le vicende polacche insistendo perché io facessi un intervento al Meeting in quanto testimone diretto di quegli avvenimenti. Il mio dunque non fu intervento programmato, ma deciso all’ultimo momento sull’onda delle emozioni e delle riflessioni scaturite dalla vicenda polacca.



Di quella domenica mattina ricordo innanzitutto il caldo infernale, anche perché venivo da Danzica dove era già autunno inoltrato; ricordo poi l’enorme salone pieno di migliaia di persone che non pensavo di incontrare a Rimini l’ultima domenica di agosto e soprattutto l’emozione di parlare a tanti che erano desiderosi di sapere e di capire cosa stava succedendo sulle coste del Baltico. Poi vi è una coincidenza che non potrò mai dimenticare. Quel giorno furono firmati gli accordi di Danzica che diedero vita al sindacato libero Solidarność. Una data che resterà scritta nei libri di storia.

La vicenda è stata importante non solo per me, ma anche per il Meeting, perché è stata una sorta di marchio di origine che la manifestazione si è portata dietro negli anni successivi. Il Meeting è stato per tutti gli anni Ottanta un luogo privilegiato per far conoscere e comprendere quanto si stava svolgendo in Polonia e l’importanza che ne derivava per tutta l’Europa. E questo fino al 1990, quando è intervenuto al Meeting lo stesso Lech Walesa, leader di Solidarność e di lì a poco presidente della nuova Polonia democratica dopo la svolta dell’89.

Ricordo anche un’altra vicenda molto particolare che mi venne affidata a inizio agosto di quell’anno, mentre mi trovavo a Vienna prima di andare a Danzica. Mi chiesero di darmi da fare perché l’ambasciata italiana nella capitale austriaca rilasciasse il visto per l’Italia alla dissidente sovietica Tatiana Goriceva. In quei giorni lei era riuscita a farsi invitare a Vienna da un gruppo femminista. Ero andata a trovarla nella casa dov’era ospite e mi aveva colpito la stranezza della situazione: coloro che l’avevano invitata in Occidente erano femministe radicali, mentre lei dichiarava tranquillamente di essere femminista e cristiana ortodossa. Mi ricordo che fu molto contenta dell’invito ricevuto dal Meeting e alla fine anche i problemi burocratici relativi al rilascio del visto furono risolti felicemente così che poté intervenire alla manifestazione di Rimini.

Per tornare al 31 agosto: la percezione di quel giorno fu quella di aver partecipato a un incontro, a un bell’incontro, come se ne facevano tanti in quegli anni, ma certamente non avrei mai immaginato il seguito che avrebbe poi avuto. Sapevo già dell’intenzione degli organizzatori di proseguire negli anni seguenti, ma era davvero difficile prevedere il reale sviluppo che ha avuto fino a oggi.

Il Meeting ha dato un contributo di assoluto rilievo al dibattito culturale, non solo italiano, in questi 40 anni. Innanzitutto per la qualità dei personaggi che è riuscito a portare a Rimini. Se uno ripensa ai primi Meeting, quelli dei lontani anni Ottanta, non può non ricordare che a Rimini sono intervenuti personalità che hanno segnato la storia come San Giovanni Paolo II, Santa Madre Teresa di Calcutta e, come ho già ricordato, Lech Walesa.

In 40 anni sono cambiate tante cose ma penso che il Meeting si sia sempre mantenuto fedele a quello spirito e a quella ingenua ma positiva baldanza giovanile che ho riscontrato nell’agosto del 1980. Smentendo nei fatti tutti quei giudizi che circolavano allora su Comunione e liberazione come un gruppo chiuso e poco aperto al dialogo, il Meeting è stato e rimane un segno concreto di amicizia e per l’amicizia tra le persone e tra i popoli.

Luigi Geninazzi (Milano)

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