Secondo l’indagine straordinaria della Banca d’Italia sulle famiglie durante la pandemia “quasi il 40% degli affittuari e oltre il 30% delle famiglie indebitate hanno dichiarato di avere difficoltà nel sostenere il pagamento dell’affitto o delle rate del debito”. Il dato, insieme a molti altri, fotografa le conseguenze economiche che il lockdown ha causato sulle famiglie italiane nonostante molte misure straordinarie, per esempio il blocco dei licenziamenti, siano ancora in atto.
Le difficoltà delle famiglie italiane a pagare l’affitto e le rate del mutuo potrebbe anche essere un buon elemento per cercare di capire l’andamento e lo stato di salute del mercato immobiliare italiano. In questo caso, però, il dato della Banca d’Italia sembra essere in contraddizione con gli ultimi dati Istat sull’andamento dei prezzi immobiliari a Milano, in forte salita nonostante il Covid.
I due fenomeni non sono inconciliabili. Il mercato immobiliare è un settore finanziario su cui arriva la liquidità sia degli investitori istituzionali, sia delle famiglie alla ricerca di un bene rifugio in una fase di tassi compressi e in cui sia il mercato azionario che quello obbligazionario non sembrano avere un profilo “rischio/rendimento” particolarmente attraente. Le prospettive economiche di medio termine rimangono incerte e sconsigliano un impiego dei risparmi in attività produttive.
Il “mattone” si presenta sia come un bene rifugio, sia come un modo per ottenere rendimento nonostante morosità statisticamente rilevanti; questo rischio può essere ben ponderato da operatori in grado di investire centinaia di milioni su tante unità. Gli operatori finanziari, gli investitori istituzionali internazionali, hanno fame di rendimenti, soprattutto se hanno una presa sull’inflazione, e in questi mesi si stanno riversando sulle principali città europee e mondiali, in Italia Milano, attratti dal rendimento delle prime case messe in affitto.
La salita dei prezzi del mercato immobiliare a Milano degli ultimi trimestri, per esempio, avviene nonostante le condizioni economiche di molte famiglie siano precarie perché è un mercato che risponde a logiche finanziarie e perché beneficia della “bolla” dei mercati finanziari e dell’azione delle banche centrali. È un esempio di “inflazione cattiva” che non è colpa né degli speculatori internazionali, né dei ricchi italiani che non vogliono impiegare più produttivamente il proprio denaro. I secondi sono incolpevoli perché le prospettive economiche sono incerte, perché moltissimi settori verranno falcidiati da 15 mesi di restrizioni e infine perché, anche volendo, molte attività sono chiuse d’ufficio. I primi sono incolpevoli perché le condizioni finanziarie che producono questa fame di rendimenti sono le stesse che chiedono e ottengono i governi dalle banche centrali per tenere in piedi i mercati e per finanziare la spesa pubblica. I governi dovrebbero in un certo senso prendersela innanzitutto con sé stessi. In mezzo ci sono le famiglie che subiscono l’incremento dei prezzi.
Queste contraddizioni ci ricordano che il paradigma che è in atto e che viene presentato come inevitabile è pericoloso soprattutto se dovessero continuare le restrizioni e i limiti all’attività privata mentre i governi possono continuare a spendere in “investimenti” e stipendi spalleggiati dalle misure delle banche centrali. In questo paradigma accade più spesso di quanto si pensi che i prezzi salgono, in questo caso delle case, nonostante la gente faccia molta più fatica a pagare affitti e rate del mutuo.
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