Il 19 giugno 1623 nasceva a Clermont-Ferrand, in Alvernia, al centro della Francia, un “pensatore unico e affascinante”, Blaise Pascal. Quattro secoli dopo, le sue acute e profetiche intuizioni, così come emergono in particolare nella celebre raccolta dei Pensieri, hanno ancora molto da dire all’uomo d’oggi, confuso e smarrito. Il matematico e scienziato, ma soprattutto filosofo d’Oltralpe, seppe infatti accostare con sapienza, ragione e cuore due universi all’apparenza lontani, come unica possibilità per vivere in modo autentico la nostra vita. I Pensieri, un’opera letterario-religiosa che è il suo capolavoro, sono in realtà gli abbozzi, scritti in forma di appunti negli ultimi anni di vita e pubblicati postumi nel 1670, di una vasta opera apologetica del cristianesimo mai completata. I suoi contemporanei non diedero eccessiva importanza a quelle riflessioni, che iniziarono ad essere accolte e apprezzate solo dal XIX secolo. Attingendo ai Pensieri, ma anche alle Lettere, agli Opuscoli e ad altre opere minori, come il Discorso intorno alle passioni dell’amore (escludendo le opere matematiche e fisiche e quelle spiccatamente teologiche), è uscita una raccolta di pagine scelte di Pascal, Ragione e cuore (Ares, 2023, a cura di Claudio Aurelio Marcellino, autore anche dell’introduzione), divise in temi e con intento divulgativo, che ce ne fanno scoprire il genio, unito a una fede profonda.
Il suo percorso filosofico (ed esistenziale) tenta quindi di armonizzare la ragione e il cuore, ovvero – come lo stesso Pascal li definiva – l’esprit de géométrie e l’esprit de finesse. Da scienziato (inventò il primo calcolatore) capiva il ruolo essenziale della ragione, da credente (dopo un primo avvicinamento alla fede, si convertì a trent’anni, nel 1653) coglieva l’altezza a cui poteva arrivare il cuore. La ragione definisce, misura e “dimostra”, il cuore percepisce “a una sola occhiata” i principi della morale e il valore e il senso della vita. La ragione non è svalutata, ma occorre evidenziarne i limiti. Così, “l’ultimo passo della ragione sta nel riconoscere che vi è un’infinità di cose che la sorpassano”. E il cuore, che va distinto dai sensi e dalle passioni, ha “le sue ragioni”, spesso sconosciute alla stessa ragione. “L’intelletto procede per princìpi e per dimostrazioni”, il cuore no, perché mosso da evidenze elementari. “Non si dimostra che si deve essere amati, indicando ordinatamente i motivi dell’amore: ciò sarebbe ridicolo”. Occorre un equilibrio, un bilanciamento armonico tra i due caratteri dell’animo umano. Se è sbagliato “accettare solo la ragione”, lo è altrettanto “escludere la ragione”. Perché “chi volesse seguire solo la ragione sarebbe pazzo”, ma “non posso concepire l’uomo senza pensiero: sarebbe una pietra o un bruto”, dal momento che “il pensiero fa la grandezza dell’uomo”.
Ciò che può conciliare i due universi, la ragione e il cuore, è l’amore di Dio per la creatura umana. Il Dio cristiano è “un Dio di amore e consolazione, un Dio che riempie l’anima e il cuore di chi Egli possiede”. Se l’uomo è “fatto per pensare” e “in questo sta tutta la sua dignità”, il retto pensare “consiste nell’incominciare da sé, dal proprio Autore e dal proprio fine”, cioè dal senso religioso. E invece a che si pensa? “A danzare, a suonare il liuto, a cantare, a far versi, a correre l’anello” (gara di origine medievale, ndr).
Per il pensatore francese umano e divino si congiungono nell’uomo, dove convivono miseria e grandezze. Il Dio dei cristiani è Colui che fa sentire a ciascuno di noi la miseria interiore che ci caratterizza e nello stesso tempo ci penetra con la Sua misericordia infinita. Si unisce alla nostra anima e “la riempie di gioia, di fiducia, di amore”. Pascal è netto e rigoroso. “Solo Dio è il fine ultimo, così come Lui è il vero principio”, scrive in una lettera alla sorella Gilberte. E in un’altra occasione: “Miseria dell’uomo senza Dio. Felicità dell’uomo con Dio”. Oppure: “O l’impotenza dell’uomo senza Dio o la potenza dell’uomo con Dio”. E ancora: “Non cercate la soddisfazione sulla terra; non sperate nulla dagli uomini. Il vostro bene è solo in Dio e la sovrana felicità consiste nel conoscere Dio, nell’unirsi a Lui per sempre nell’eternità”.
Centrale, nella visione religiosa di Pascal, la figura di Gesù Cristo, che è Dio e uomo, il “necessario Mediatore”, “il giusto mezzo, perché noi vi troviamo e Dio e la nostra miseria”. Con la sua morte e risurrezione, Cristo ha portato a compimento una volta per sempre la redenzione dell’uomo dalla sua fragile condizione, facendosi carico dei suoi peccati. Al punto che “non consideriamo più il corpo come una carogna infetta”, perché tale c’è lo fa apparire “la natura ingannatrice”, ma come “il tempio inviolabile ed eterno dello Spirito Santo”, come ci insegna la fede. Nel contempo “Gesù Cristo viene a dire agli uomini che non hanno altri nemici che loro stessi”, che “sono le loro passioni a tenerli lontani da Dio” e che “Lui viene per distruggerle e dare loro la Sua grazia”.
L’esistenza terrena di Pascal fu breve. Da tempo in precarie condizioni di salute, il 19 agosto 1662, a soli 39 anni, sfinito da violenti dolori allo stomaco e da convulsioni, raggiunse la Casa del Padre. Le sue ultime parole furono:“Che Dio non mi abbandoni mai”. Nei suoi pochi anni di vita Pascal ci ha lasciato, attraverso i suoi scritti, un vero e proprio cammino interiore. Percorrerlo ci può aiutare a condividere il suo ampio e profondo orizzonte di riflessione sull’intero universo umano.
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