Disonestà o semplice svogliatezza di studiare? I dati emersi da una ricerca rivelano un numero crescente di studenti sempre più propensi a ‘barare’, copiando durante gli esami universitari. Stiamo parlando dei test online, entrati in voga con la pandemia. Se, infatti, questa pratica è stata adottata durante il Covid per permettere il regolare svolgimento degli esami nonostante i lockdown, il rovescio della medaglia mostra effetti negativi sulla veridicità dei voti.



La ricerca in questione si intitola appunto “Quanto è facile barare agli esami online e quanto è aumentato durante la pandemia”, ed è stata realizzata dal professor Phil Newton, neuroscienziato all’Università di Swansea. Dall’indagine è emersa la drammaticità di questa cattiva condotta diffusasi tra gli studenti, che va a falsare i risultati, dato che molti test ancora si tengono spesso da remoto. La problematica era stata portata alla ribalta in un recente articolo documentato anche dal quotidiano ‘La Verità’. Per risolvere questa situazione, si stanno quindi cercando soluzioni che verifichino la reale preparazione degli studenti.



Tra giustificazioni degli studenti ‘copioni’ e soluzioni

Il risultato della ricerca ha portato a numeri sconcertanti: tra gli studenti intervistati quasi il 45% ha ammesso di aver copiato almeno una volta durante un test di ammissione o un esame universitario. Questo dato si scontra col 29,9% dell’epoca antecedente al Covid. Possiamo notare quindi come ci sia stata una netta impennata. Il fenomeno sarebbe diffuso un po’ ovunque come ha dimostrato la ricerca di Newton, ma gli italiani sembrerebbero detenere il primato, come spesso accade in senso negativo, posizionandosi in prima fila nella tenuta di queste pratiche di ‘imbroglio’.



Ma, a lasciare ancora più sconcertati, sono le giustificazioni adottate dagli studenti ‘copioni’, che hanno ‘ingenuamente’ rivelato di aver barato agli esami online per il semplice fatto di averne avuto la possibilità di farlo. Ma va anche aggiunto questo ‘modus operandi’ come sia strutturato e radicato nella società, portando anche perfino a falsificare i diplomi: il Cimea ha infatti evidenziato anche come il 12% dei titoli presentati sia falso, pari a 7.000 diplomi. La soluzione va dunque ricercata in un ritorno in presenza e nell’applicazione di test ‘a libro aperto’, con cui l’esaminando possa essere interrogato non solo su aspetti nozionistici, ma anche logici.