Nonostante le varie politiche messe in campo per cercare di andare incontro alle mamme lavoratrici i dati mostrano come siamo ancora lontani dall’incoraggiare le donne al lavoro senza trascurare la famiglia. Perchè è proprio questo il punto principale: le madri lasciano l’occupazione perchè hanno difficoltà a conciliare il lavoro con i figli. È quanto emerge dal rapporto annuale reso noto dall’Ispettorato del lavoro e pubblicato su La Stampa.
In particolare si parla di quasi 45 mila mamme che hanno preferito dimettersi per poter tornare ad occuparsi dei figli. Diverso invece il caso degli uomini dimissionari, che quando lasciano il lavoro è, nella maggior parte dei casi, perchè hanno trovato un posto migliore in altra azienda, magari più remunerativo o comunque di maggiore prestigio. Questi dati, tra l’altro, vanno messi a confronto con un’altra cifra, fornita da Confcommercio: in Italia il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro, nella fascia tra i 15 e i 74 anni, è pari al 48,2%. La media dell’Unione europea è invece al 59,5% . Questo significa che metà delle donne italiane ancora non lavora. Va ancora peggio al Sud, dove la partecipazione femminile è ferma al 35,5%.
DONNE LAVORATRICI DIMISSIONARIE: COS’ALTRO SPINGE A LASCIARE IL LAVORO?
La relazione dell’ente pubblico parla esplicitamente di uno “sbilanciamento di genere di notevoli proporzioni” e del “radicamento sociale e stereotipale della funzione di cura come prettamente femminile“. Se in famiglia devono esserci delle rinunce lavorative, gravano ancora sulla carriera delle madri e non dei padri. Inoltre le dimissioni delle donne lavoratrici viene anche ricollegato all’assenza della figura dei nonni o alla loro lontananza. Sappiamo infatti come questa figura ricopra un ruolo fondamentale all’interno della famiglia, e come corra in aiuto proprio nella cura dei minori. La loro mancanza incide dunque anche sul lavoro delle madri.
Se poi a tutto ciò aggiungiamo anche l’elemento della provenienza della classe sociale, dai dati dell’ispettorato emerge anche che in quasi il 93% dei casi, le donne dimissionarie ricoprono la qualifica di operaia o impiegata a causa della “diversa allocazione gerarchica di uomini e donne”.
GLI EMENDAMENTI ALLA LEGGE DI BILANCIO PER INCORAGGIARE L’OCCUPAZIONE FEMMINILE
Una volta che conosciamo cosa porti sempre più mamme lavoratrici ad abbandonare la loro occupazione occorre focalizzarsi sulle possibili soluzioni. La senatrice Pd Cecilia D’Elia, portavoce nazionale della Conferenza delle donne democratiche, ha infatti commentato: “I dati confermano che per le donne lavorare è difficile anche quando trovano un’occupazione perché non c’è condivisione del lavoro di cura, non ci sono servizi adeguati a sostegno della genitorialità“. Le fa eco la collega ed ex sindacalista Susanna Camusso: “È il tempo non di commentare, ma di dare risposte concrete“. Le due senatrici sono firmatarie di alcuni emendamenti alla legge di bilancio che guardano nello specifico all’occupazione femminile: “Riteniamo essenziale attuare il congedo paritario obbligatorio di cinque mesi, per condividere il lavoro di cura e non costringere le lavoratrici a conciliare con se stesse sacrificando progetti e obiettivi sul lavoro“, spiega Camusso.
Un’altra proposta depositata dalle due parlamentari dem punta a introdurre una nuova norma che permetterebbe di prevenire le dimissioni “con percorsi di confronto/conciliazione presso gli uffici del lavoro per definire scegliere forme di flessibilità, anche incentivando le imprese che li scelgono”.