Sarebbero tre – e non cinque come inizialmente emerso – i deputati che avrebbero ricevuto dall’Inps il bonus per gli autonomi. A renderlo noto, spiega l’agenzia di stampa Ansa, sarebbero fonti parlamentari. Tuttavia, al momento, non si conoscono ancora i nomi dei “furbetti del bonus” come sono stati ribattezzati. Ad ogni modo il pressing da parte del mondo politico affinché le identità possano essere rivelate si fa sempre più forte e sulla vicenda è inevitabilmente esplosa la polemica. Il capo politico M5s Vito Crimi ha chiesto a gran voce ai coinvolti di uscire allo scoperto e di “rinunciare alla privacy”. E sulla stessa linea anche il presidente della regione Veneto Luca Zaia che ha tuonato: “Niente privacy, fuori i nomi”. Come rivela Tgcom24, fonti parlamentari avrebbero reso noto che il contributo sarebbe andato a 3 esponenti delle due Camere ma a richiederlo sarebbero stati in cinque. Intanto, dopo che l’Inps ha deciso di imporre lo stop relativamente alla rivelazione dei nomi dei soggetti coinvolti, c’è già chi pensa di convocare formalmente il presidente Tridico affinché possa rispondere con i nomi davanti a una commissione parlamentare. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
FICO: “RESTITUISCANO SOLDI”
Italia Viva passa al contrattacco. Il partito di Matteo Renzi ha affermato che nessun parlamentare del gruppo ha chiesto ed ottenuto il bonus 600 euro dell’Inps. Il coordinatore nazionale Ettore Rosato ha reso noto di aver sentito il numero uno Inps, Tridico, che lo avrebbe rassicurato: «Non c’è nessun parlamentare di Italia Viva che ha ricevuto i soldi destinati alle partite Iva». Nessun renziano coinvolto, dunque, ma non solo: avviato in Inps un audit interno su chi abbia fatto uscire la notizia.
Come tutti gli altri partiti, netta anche la posizione di Forza Italia: «Per dissipare qualsiasi dubbio sarebbe il caso che chi ha usufruito del bonus esca volontariamente allo scoperto e spieghi se, magari e auspicabilmente, si è trattato di un errore dovuto allo zelo di un consulente. Non c’è alcun segreto da proteggere né alcuna privacy da tutelare nell’attività di un parlamentare: tutto deve avvenire alla luce del sole. Chi ha intascato spieghi, restituisca (se non l’ha già fatto) e si chiuda al più presto questa tristissima pagina», le parole di Giorgio Mulè in una nota. (Aggiornamento di MB)
CALENDA: “NOMI DEPUTATI USCIRANNO”
Non si placano le polemiche sul caso del bonus 600 euro Inps richiesto e ricevuto da cinque parlamentari, nonché da centinaia di amministratori locali. Le forze politiche hanno invitato i cinque deputati – 3 Lega, 1 Italia Viva e 1 Movimento 5 Stelle – a farsi avanti, denunciando un’azione definita «vergognosa» dai più. Il leader pentastellato Vito Crimi ha chiesto ai partiti di muoversi nella stessa direzione – «lo dobbiamo a chi sta soffrendo le conseguenze di questa pandemia» – mentre il giurista Alfonso Celotto ha messo in risalto che è possibile risalire ai nomi dei cinque parlamentari: «Si può fare l’accesso civico. E se lo negano, ricorso al Tar. Come per i verbali del Cts. Ma i tempi sono lunghi. Sarebbe meglio che qualcuno li accorci. Basta che il Parlamento scriva una riga di emendamento al decreto Semplificazione per far pubblicare subito tutti i beneficiari di tutti gli aiuti Covid», le sue parole ai microfoni di Repubblica. Così, infine, Carlo Calenda: «I nomi usciranno perché non c’è la base legale per tenerli segreti e l’Inps dovrebbe fornire quei nomi». (Aggiornamento di MB)
5 DEPUTATI PRENDONO BONUS 600 EURO, SALVINI: “VERGOGNA”
É caccia ai cinque deputati furbetti che si sono intascati il bonus di 600 euro previsto per le partite Iva. Tutte le forze politiche si sono scagliate contro i parlamentari e chiedono che vengano resi noti nomi e cognomi. Matteo Salvini è su tutte le furie, soprattutto considerando il fatto che tre deputati su cinque fanno parte proprio della Lega: «Che un parlamentare chieda i 600€ destinati a P.Iva in difficoltà è una vergogna. Che un decreto del governo lo permetta è una vergogna. Che l’Inps (migliaia di lavoratori aspettano ancora la Cig) li abbia dati è una vergogna. In qualunque Paese, tutti costoro si dimetterebbero». Netta anche la posizione di Gianluigi Paragone: «Non c’è niente da fare, ci sono dei deputati che vivono fuori dal mondo, fuori dal Paese. Uno schifo incredibile, si dovrebbero vergognare. Io voglio sapere nomi e cognomi di questi che hanno chiesto e ottenuto il bonus ricevuto dalle partite Iva. Come ti puoi permettere?». Infine, la richiesta al presidente della Camera: «Caro presidente Fico, devi pretendere la pubblicazione di questi nomi: questa roba qui è schifosa, si dovrebbero vergognare». (Aggiornamento di MB)
5 DEPUTATI PRENDONO BONUS 600 EURO: SPUNTANO I PARTITI
Dopo la notizia di Repubblica dei 5 deputati che hanno chiesto il bonus 600 euro (elevato a 1.000 euro nel decreto agosto) per Partite Iva, è partita la caccia ai nomi. Non sono ancora emersi, ma il quotidiano ha rivelato che tre sono della Lega, uno del Movimento 5 Stelle e un altro di Italia Viva. Ma non sono casi isolati, perché tra i coinvolti ci sarebbero duemila persone tra assessori regionali, consiglieri, sindaci e governatori. Intanto è arrivata la condanna senza mezzi termini del presidente della Camera Roberto Fico. «È una vergogna che cinque parlamentari abbiano usufruito del bonus per le partite iva. Questi deputati chiedano scusa e restituiscano quanto percepito. È una questione di dignità e di opportunità. Perché, in quanto rappresentanti del popolo, abbiamo degli obblighi morali, al di là di quelli giuridici». Anche Federico Fornero, portavoce di Leu, vuole i nomi: «È giusto che gli italiani conoscano i l nomi dei cinque parlamentari e chi si è comportato in questo modo deve assumersi le proprie responsabilità, incominciando con il restituire subito i soldi. Si faccia dunque chiarezza sulla vicenda e la si faccia subito». (agg. di Silvana Palazzo)
BONUS 600 EURO A 5 DEPUTATI, CHI SONO?
“I furbetti di Montecitorio”, così sono stati definiti i cinque deputati che hanno richiesto e ottenuto il bonus 600 euro partita Iva introdotto durante l’emergenza coronavirus. La notizia è stata lanciata da Repubblica, che non ha svelato la loro identità. Evidentemente gli oltre 12mila euro di stipendio netto guadagnati ogni mese non erano sufficienti. Così come non lo erano i privilegi e i benefit di cui godono i parlamentari italiani. Parliamo di agevolazioni bancarie, viaggi gratis su qualsiasi mezzo. Tutto a spese dei contribuenti, che oggi apprendono che questi cinque deputati in piena emergenza Covid hanno chiesto all’Inps il bonus da 600 euro mensili, elevato poi a 1.000 per maggio (che deve essere ancora corrisposto). Lo hanno chiesto e ovviamente lo hanno pure incassato. A norma di legge, avevano diritto di accedere a questa indennità. Hanno sfruttato un automatismo previsto, seppur non avessero bisogno di questo aiuto. Immaginateli ora mentre votano alla Camera lo scostamento di bilancio per finanziare le misure di protezione e poi richiedere il bonus, di cui potevano fare a meno, stando al loro 730.
BONUS 600 EURO A 5 DEPUTATI, DI MAIO “DIMETTETEVI”
Poteva farne a meno anche un conduttore tv, che risulta tra i beneficiari del bonus partita Iva da 600 euro. Stando a quanto riportato da Repubblica, la Direzione centrale Antifrode, Anticorruzione e Trasparenza dell’Inps si è accorta dei “furbetti”. La struttura è stata creata appositamente dal presidente Pasquale Tridico per individuare truffe e “magheggi”. Così gli 007 previdenziali passano al setaccio ogni giorno reddito di cittadinanza, pensioni di invalidità e bonus per scoprire e denunciare i “percettori” privi di titolo. Nel caso dei cinque deputati, è bene precisarlo, non è emerso nulla di illegale. A prescindere dall’incarico di parlamentare, avevano tutti i requisiti per richiedere il bonus. Sulla vicenda è intervenuto Luigi Di Maio, ministro degli Esteri ed esponente del M5s: «È vergognoso. È davvero indecente». I nomi di queste persone sono coperti dalla legge sulla privacy, quindi Di Maio li incalza: «Siano loro allora ad avere il coraggio di uscire allo scoperto. Chiedano scusa agli italiani, restituiscano i soldi e si dimettano, se in corpo gli è rimasto ancora un briciolo di pudore. Non importa di quale forza politica siano espressione».