Un ambiente saturo di gas, idrogeno solforato, prodotto di fermentazione biologica. Sarebbe stata questa la causa della strage sul lavoro avvenuta a Casteldaccia, in provincia di Palermo, e costata la vita a cinque di un gruppo di nove operai morti, mentre un sesto è ricoverato in condizioni gravissime ed un settimo, quello che ha chiamato aiuto, ancora sotto shock. Incolumi gli altri due.



E quando l’orrore è ancora negli occhi dei soccorritori, lo sconforto in quello di chi ha soltanto sentito raccontare l’accaduto, parte la sequenza di frasi fatte: “una strage annunciata”, una tragedia che “si sarebbe potuta evitare”, ennesimo episodio “inaccettabile”, e così via.

Che la morte sia inaccettabile è un fatto, che morire sul lavoro lo sia ancora di più è altrettanto certo così come che ogni tragedia potrebbe essere evitata, tranne, forse, le rarissime vere fatalità.



Ma dalla ricostruzione dei drammatici fatti questa, probabilmente, si poteva davvero evitare. Una tragedia frutto degli scarsi mezzi di protezione utilizzati. Non sappiamo se fossero stati forniti o meno ma il rischio concreto è che questa strage non veda mai un responsabile.

Scarsi mezzi, scarsezza di personale e, forse, anche troppa confidenza con il delicato lavoro che si stava svolgendo, visto che di questo l’impresa si occupava costantemente.

Ad accertare cosa sia successo saranno gli investigatori, ma la presenza di gas sarebbe stata già ipotizzata dai Vigili del fuoco. Una cosa prevedibile in quel contesto operativo e per questo sorprende che operai esperti siano scesi, uno alla volta, senza pensare alle possibili conseguenze. Qualcosa non torna. Cosa è successo in fondo a quelle gallerie?



Un’impresa specializzata, operai di grande esperienza, morti in modo incomprensibile. La tragedia si è consumata in un impianto di sollevamento di acque reflue del sistema fognario della provincia di Palermo. Un impianto gestito dall’Amap, l’Azienda Speciale Acquedotto, controllata dal Comune di Palermo, che gestisce la distribuzione idrica e lo smaltimento fognario, oltre che nel capoluogo, anche per altri 51 comuni. Ma gli operai non erano dipendenti di Amap. Si trattava di lavoratori di un’impresa che operava in appalto. Con loro anche un lavoratore interinale reclutato, invece, proprio da Amap, per far fronte alla carenza di personale. Gli operai morti sono Epifanio Assazia, 71 anni, titolare della Quadrifoglio Group, impresa specializzata nel settore, considerata altamente qualificata; Giuseppe La Barbera, Giuseppe Miraglia, Roberto Raneri, 51 anni, Ignazio Giordano, 57 anni.

I lavori in appalto lungo la Strada Statale 113 erano stati predisposti a seguito delle ripetute segnalazioni degli ultimi giorni sulle anomalie della rete fognaria, nel tratto tra l’intersezione con via della Rotonda e la stazione di sollevamento denominata “Vini Corvo”. Un dettaglio, quest’ultimo, che aveva fatto pensare, inizialmente, che l’incidente fosse avvenuto all’interno delle adiacenti cantine Corvo.

Per la loro esecuzione Amap aveva incaricato la ditta Quadrifoglio Group. I lavori consistevano nel liberare i tratti fognari ostruiti. Opere iniziate il 29 aprile e proseguite sino ad oggi.

Le modalità della tragedia, se confermate, appaiono incredibili. Un operaio era sceso all’interno dei cunicoli per verificare un’ostruzione. Non vedendolo risalire, un secondo operaio è sceso per controllare. Una decisione incredibile per degli esperti. Ma nonostante non risalisse neppure il secondo, sono scesi anche gli altri. Solo l’ultimo ha capito e chiamato aiuto. Cosa sia veramente successo nei cunicoli dell’impianto dovrà essere spiegato dai tecnici ma per la Cgil è già tutto chiaro. “Le prime notizie ci parlano di una strage che poteva essere evitata. Di lavoratori senza le necessarie protezioni, rimaste vittima di esalazioni fatali” dicono adesso Alfio Mannino, segretario generale della Cgil Sicilia, e Gabriella Messina, segretaria confederale Cgil dal luogo della tragedia sul lavoro.

Intanto unitariamente, Cgil, Cisl e Uil proclamano 4 ore di sciopero con annesso sit-in davanti alla Prefettura. Al prefetto andranno a chiedere di spezzare questa lunga catena di morti e di infortuni di operai sul lavoro che nei primi mesi del 2024 hanno visto perfino un incremento su cifre già abbastanza pesanti. Le denunce di infortunio presentate all’Inail nei primi tre mesi del 2024 sono state 145.130, in aumento dello 0,4% rispetto alle 144.586 del primo trimestre del 2023, del 12,8% rispetto a gennaio-marzo 2021 e del 10,9% rispetto a gennaio-marzo 2020, e in diminuzione del 7,9% sul 2019, anno che precede la crisi pandemica, e del 25,2% rispetto al 2022. Le denunce di infortunio con esito mortale sono state 191, cinque in meno rispetto alle 196 registrate nel primo trimestre 2023 e 21 in meno sul 2019, 25 in più rispetto al 2020, sei in più sul 2021 e due in più sul 2022.

Manlio Viola è direttore di BlogSicilia.it

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