Suicidio in carcere a Pavia: si è tolto la vita, impiccandosi all’interno della sua cella, Wu Yongqin, il 51enne di nazionalità cinese che a inizio 2018, precisamente nel mese di gennaio, uccise sua moglie e il figlio dei suoi vicini di casa. Un duplice omicidio che occupò le prime pagine dei quotidiani nazionali e i titoli d’apertura dei telegiornali, per il quale all’uomo era stata comminata una pena pari a vent’anni di reclusione. Una condanna evidentemente ritenuta eterna da Wu Yongqin, il quale, nella giornata di domenica 16 febbraio 2020, ha deciso di compiere il gesto estremo, facendola finita. Il suo corpo esanime è stato rinvenuto dagli agenti della polizia penitenziaria; è stato così immediatamente avvisato il suo legale difensore, l’avvocato Luca Curatti, che non ha potuto fare altro che apprendere la triste notizia relativa al suo assistito. La ricostruzione della vicenda è stata fornita in queste ore dalla testata giornalistica web “Cremona Oggi” ed è ben presto divenuta di dominio pubblico. Un epilogo tragico per una macabra vicenda, macchiata da tanto, troppo sangue innocente.



SUICIDIO IN CARCERE: CHI ERA L’UOMO CHE SI È TOLTO LA VITA

Il protagonista del suicidio in carcere a Pavia, come preannunciato, è Wu Yongqin, uomo di 51 anni originario della Cina. Si trovava dietro le sbarre per scontare la pena di vent’anni di reclusione in seguito al folle gesto compiuto il 28 gennaio 2018, quando, brandendo una mannaia, ferì mortalmente la sua consorte e, al tempo stesso, il bambino di tre anni che i suoi vicini di appartamento a Cremona gli avevano temporaneamente affidato. Gli inquirenti trovarono tracce ematiche sparse in tutta l’abitazione e, dalle indagini, risultò che la donna era stata colpita più volte, mentre il bimbo spirò in ospedale. Nel corso del processo, a Wu Yongqin era stato riconosciuto un vizio parziale di mente, che portò a una riduzione della pena nei suoi confronti. Le ragioni di quell’azione scellerata? A fornirle fu lo stesso uomo, il quale precisò che tutto nacque da una lite con la moglie generata da un problema burocratico legato al passaporto. In ogni caso, quello di Wu Yongqin era un profilo noto agli assistenti sociali già prima del doppio assassinio: aveva infatti tentato il suicidio ed era affetto da una grave forma di ludopatia.

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