Nel suo Rapporto “L’anello debole” presentato lunedì, la Caritas non solo conferma i dati dell’Istat sul numero di poveri assoluti nel 2021 (5,6 milioni), ma evidenzia il rischio che quest’anno vi sia un loro aumento soprattutto a causa dell’incremento dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia. In particolare, già nel primo semestre dell’anno è cresciuto il numero di persone che si sono rivolte ai Centri di ascolto Caritas per le difficoltà a pagare le bollette.



Per il nuovo Governo diventa quindi importante intervenire con nuovi sostegni contro il caro energia, ma le risorse a disposizione, specie se non ci sarà un nuovo fondo europeo sul modello dello Sure, rischiano di non bastare. Secondo Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, «se non si vuole aumentare il debito pubblico, cosa in un certo senso giusta perché sarebbe meglio evitare di collegare eventuali sostegni a una crescita del debito pubblico, si può comunque pensare a un intervento per cercare di andare incontro al problema di liquidità che famiglie e imprese possono avere nel pagamento delle bollette».



Che tipo di intervento ha in mente?

Ne andrebbero vagliati bene gli aspetti tecnici, ma si tratterebbe di studiare una formula per far pagare alle famiglie sotto una certa soglia di reddito un importo corrispondente grosso modo alla bolletta dell’anno precedente, mentre il resto diventerebbe un credito per il fornitore di energia, spesso partecipato dallo Stato, che potrà essere ripagato, ovviamente non in un’unica soluzione, nel momento in cui la situazione sarà migliorata. Tra l’altro in questo schema si potrebbero anche inserire i famosi extraprofitti delle società energetiche per compensare parte di questi crediti.



È una soluzione che lei vedrebbe utile attuare anche nei confronti delle imprese?

Sì, soprattutto le Pmi, che spesso sono familiari, perché altrimenti potrebbero chiudere definitivamente. L’idea di fondo è cercare di non sconquassare i redditi e i consumi delle famiglie.

Qual è il vantaggio di una formula di questo tipo?

Il vantaggio è evitare il distacco delle forniture e il taglio di altri consumi essenziali, come quelli relativi ai beni alimentari o alla cura della propria salute. In definitiva l’obiettivo è comprare tempo, quanto meno un anno, così da passare l’inverno e la primavera e riuscire anche ad attraversare in maniera gestibile il rallentamento economico, o la recessione tecnica, che si intravede nelle più recenti previsioni.

Si tratta di una formula che può funzionare solo se il quadro da qui un anno migliorasse. Bisogna sperare che ciò avvenga…

No, bisogna fare in modo che le cose vadano meglio, ma su questo fronte non si può immaginare una soluzione italiana: ne serve una europea, perché si tratta di far scendere i prezzi dei beni energetici che in un anno sono schizzati in maniera insostenibile, anche per via delle scommesse puramente speculative sui futures.

Dal Rapporto Caritas emerge anche che quasi i due terzi delle persone aiutate dichiara di avere figli.

Come già dicevo commentando i dati dell’Istat, in Italia avere un figlio è una scommessa positiva sul futuro, ma resta purtroppo un rischio non da poco per il benessere della famiglia e degli stessi bambini. E l’Assegno unico è certamente una buona idea, ma per funzionare bene davvero deve avere anche le necessarie risorse

A questo proposito si stima che quest’anno non saranno utilizzate tutte le risorse stanziate per l’Assegno unico. E il Governo Draghi le ha già in parte (poco più di 600 milioni) utilizzate per le coperture del Decreto aiuti-bis. Non si corre il rischio che avvenga lo stesso per il rimanente importo, pari a circa 1,4 miliardi?

Già in passato in Italia è stato commesso l’errore di usare in altro modo delle risorse inizialmente indirizzate alle famiglie. Se le domande per l’Assegno unico sono inferiori alle stime, a mio avviso è molto più sensato utilizzare i fondi rimanenti per investimenti che possano rappresentare l’avvio di una politica strutturale di sostegno alle famiglie, soprattutto giovani. Si tratterebbe di mettere un primo mattone per un progetto più ampio che il nuovo Governo spero si accingerà a realizzare visto che siamo uno dei pochi Paesi che per le politiche familiari e genitoriali non fa praticamente nulla.

Secondo lei, perché non si fa nulla per la famiglia?

Sembra non si comprenda che all’aumentare del numero dei figli mediamente aumenta il rischio di entrare in povertà relativa e assoluta. Questa è un’anomalia tutta italiana che dà in primo luogo il segno dell’arretratezza culturale di una parte della classe politica che sembra non capire che se si danneggiano economicamente le famiglie con più figli alla fine si danneggia tutta l’economia, perché si crea un danno sul futuro.

Quali potrebbero essere gli investimenti in favore delle famiglie che auspica?

Anche cose molto semplici come i libri di testo scolastici o le cure sanitarie o dentistiche per i minori: per le famiglie alle prese con bollette stratosferiche rappresenterebbero un grosso aiuto.

(Lorenzo Torrisi)

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