59 suicidi in carcere nei primi nove mesi del 2022, già più di quanti gesti anticonservativi siano stati contati nell’intero 2021. Quest’anno, peraltro, ne sono stati annoverati 16 ad agosto, con la media da brividi di uno ogni due giorni. La delicata questione è stata affrontata in un’intervista concessa al “Corriere della Sera” da Carlo Renoldi, capo del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria), nella quale ha esordito dicendo: “Ciascuno di questi gesti ci interroga sugli sforzi da compiere per migliorare le condizioni di vita in carcere e intercettare il disagio delle persone prima che succeda l’irreparabile. Voglio ricordare i 1.078 tentati suicidi sventati quest’anno grazie al tempestivo intervento del nostro personale, a cominciare dalla polizia penitenziaria, il cui prezioso ruolo stenta a essere riconosciuto nella sua importanza”.
Secondo Renoldi, in generale i suicidi in carcere sono molto più frequenti rispetto alla situazione esterna, e l’esperienza insegna che i detenuti necessitano di un supporto maggiore, soprattutto quando intervengono fattori personali come la rottura di legami familiari o quando prevale la paura di non farcela ad affrontare la detenzione, con la vergogna e lo stigma sociale che essa comporta. O, ancora, quando il senso di vuoto esistenziale, soprattutto in chi vive in condizione di marginalità sociale, diventa un baratro che sembra non avere alternative.
SUICIDI IN CARCERE IN AUMENTO: L’ANALISI DEL CAPO DEL DAP
Il fenomeno è stato ulteriormente approfondito sul “Corriere della Sera” da Renoldi, secondo il quale dei 59 suicidi in carcere del 2022, solo 25 riguardavano detenuti definitivi, mentre gli altri erano in misura cautelare; 25 erano stranieri, 10 quelli con una diagnosi di patologia psichiatrica; in 8 casi il suicidio è avvenuto nei primi dieci giorni dalla carcerazione, mentre 3 avrebbero finito di espiare la pena quest’anno, uno addirittura il giorno dopo, e altri 5 nel 2023. Soltanto uno era nel circuito dell’alta sicurezza, riservato ai detenuti più pericolosi. Ventidue erano reclusi per reati di violenza sulle persone, tra cui 6 casi di maltrattamenti in famiglia. Sette avevano meno di 25 anni.
Quali sono le contromisure che si possono adottare contro i suicidi in carcere? “Abbiamo fornito a Provveditorati e Direzioni una serie di indicazioni per superare un approccio spontaneistico e non sistematico, sollecitando l’aggiornamento dei piani locali di prevenzione e sottolineando la rivitalizzazione degli staff multidisciplinari per elaborare progetti di sostegno. Abbiamo indicato una serie di eventi sentinella, con informazioni fornite dal personale, dal volontariato, dagli avvocati, dalle famiglie dei detenuti. Serve senza dubbio un maggiore supporto psicologico, quindi più personale medico specializzato inviato dalle Asl. Intanto, in accordo con la ministra Cartabia abbiamo destinato circa 2,7 milioni di euro, con una variazione del bilancio in corso d’opera, per aumentare di 200 unità la presenza di psicologi: la profonda solitudine è spesso alla radice di tanti gesti estremi”.