La Regione Toscana ha ordinato uno studio completo sui possibili rischi della rete 5G per verificare il reale impatto che hanno i campi elettromagnetici sulle persone. In particolare, ci si chiede se i nuovi impianti e le stazioni possano causare tumori e altre malattie, in tal caso di quale tipo, quali sono le zone con l’incidenza maggiore e quali sono le fasce anagrafiche e sociali più coinvolte. Tutte domande a cui dovrà rispondere lo studio commissionato ad Arpat e Ars, quindi alle agenzie toscane che si occupa della protezione ambientale e della sanità regionale.
Un progetto, che prevede un monitoraggio, approvato dalla giunta con una delibera ad hoc, su proposta degli assessori Monia Monni (ambiente) e Simone Bezzini (sanità). A questo studio sono destinati 220mila euro, perché non si tratta solo di un lavoro teorico: è prevista anche un’analisi sul campo, oltre a misurazioni con strumenti moderni previste per il prossimo biennio. Considerando che è previsto l’acquisto degli studenti, le rilevazioni ci saranno l’anno prossimo, quindi nel 2026 dovrebbe essere pronta l’analisi finale.
PERCHÉ È STATO ORDINATO LO STUDIO SUL 5G
Nella premessa di questa ricerca si spiega che l’evoluzione delle telecomunicazioni non è alla base solo di un grande interesse per le ricadute, ma causa anche crescenti timori per gli effetti sulla salute che attualmente non sono del tutto noti. Però, l’Agenzia internazionale per la ricerca su cancro nel 2013 aveva dichiarato che i campi elettromagnetici a radiofrequenze potrebbero essere cancerogeni, correlandoli ai tumori della testa per l’uso prolungato dei telefonini. Proprio in virtù di ciò, sono stati avviati molti studi per approfondire l’eventuale correlazione tra l’esposizione a lungo termine ai campi elettromagnetici e varie malattie, non solo oncologiche.
La delibera della Regione Toscana parte dall’ipotesi che le esposizioni ad altre sorgenti che non sono i cellulari, ad esempio le stazioni radiobase per il 5G, hanno natura differente, in quanto non si limitano alla testa e hanno un’intensità minore, stando a quanto emerso finora dai monitoraggi, ma attualmente gli studi sull’impatto sulla salute hanno dato esiti contrastanti e evidenze che sono inconcludenti. Da qui la decisione di procedere con una verifica.
COME FUNZIONA LO STUDIO AFFIDATO AD ARPAT E ARS
Arpat avrà il compito di esaminare le norme nazionali e gli scenari di sviluppo del 5G nella regione. In particolare, sono state registrate criticità in sei città di almeno 100mila abitanti: si tratta di Firenze, Pisa, Livorno, Prato e Arezzo. Inoltre, dovrà sviluppare un modello matematico di analisi in base a popolazione, impianti autorizzati e caratteristiche delle case, per capire che impatto hanno le onde nelle grandi città non solo all’esterno, ma anche all’interno delle abitazioni. Il monitoraggio prevede, pertanto, la misurazione dei campi elettromagnetici in almeno 5 impianti per città, di differenti operatori telefonici. Arpat dovrà acquistare due nuovi dosimetri, in quanto i tre a disposizione ora non sono sufficienti.
Dopo questa prima fase, subentrerà Ars, che invece si occupa della stima delle persone esposte a vari livello all’inquinamento elettromagnetico fuori e dentro le case, tenendo conto dei modelli sviluppati da Arpat. La Regione Toscana si aspetta un approfondimento sul mondo della scuola, cioè su studenti e tutti coloro che sono coinvolti in tale ambito, soprattutto nei centri urbani più grandi, per capire la loro esposizione all’inquinamento elettromagnetico. Per quanto riguarda il focus sui bambini, lo studio deve dare risposte sul possibile legame tra il 5G e i tumori infantili, leucemie e tumori del sistema nervoso centrale, ma anche linfomi non Hodgkin’s e casi di aborto spontaneo, su base statistica.