Sette anni fa veniva pubblicata la Laudato Si’. Sulla traccia aperta dai suoi predecessori Papa Francesco ha chiesto a tutti di prendersi cura della nostra “casa comune”, la Terra, secondo una visione integrale dell’ecologia che al centro del tema ambientale rimette l’alleanza tra uomo e natura, così come indicato dalla Chiesa a partire dalla chiamata di Dio all’uomo a curare e coltivare il creato che gli ha donato.



È questo rapporto, tra l’uomo e il creato – e il suo Creatore – il cuore vitale della Laudato Si’, che per la prima volta rende l’ambiente protagonista di un’enciclica. La categoria proposta per questo da Papa Francesco è quella dell’“ecologia umana”, che ricolloca l’uomo al giusto posto nel contesto del creato, in una relazione di dipendenza dal Creatore cui deve una risposta consapevole e responsabile.



In sette anni questa luce accesa da Papa Francesco sulla questione ambientale ha dato vita a una molteplicità di iniziative, coinvolgendo una pluralità di persone, anche tra chi non partecipa direttamente alla vita della Chiesa. Soprattutto ha aiutato a fare chiarezza su quali siano i veri valori che stanno alla base dell’impegno per la salvaguardia del pianeta.

Un’azione che riguardi soltanto l’ambiente – ha evidenziato il Papa – non può che essere fine a se stessa e non porta frutto. Il concetto stesso di sostenibilità, così come quello di transizione ecologica, se non abbraccia tutti i fattori della realtà, nella quale l’uomo è posto al centro, non potrà mai trovare una soluzione adeguata. Gli obiettivi ambiziosi posti dal contesto mondiale, a partire da quelli di Sviluppo sostenibile al 2030 delle Nazioni Unite, per passare ai target dei prossimi decenni fissati dall’Unione Europea legati alla riduzione delle emissioni dei gas climalteranti, non potranno quindi essere raggiunti se non partiamo da questa visione globale, che riguarda contemporaneamente gli aspetti economici, sociali e antropologici del tempo che stiamo vivendo.



Quando non è letto alla luce di questa visione integrale, il paradigma stesso della sostenibilità basato sulle tre dimensioni dello sviluppo – economico, sociale e ambientale – evidenza tutto il suo limite. È l’integralità proposta da Francesco l’unica strada che ha senso percorrere, per creare una relazione tra le tre dimensioni, così che tutte concorrano sinergicamente al cambiamento necessario per prenderci cura della casa comune. L’uomo concepito non come a sé stante, ma in relazione: “l’uomo è pienamente sé stesso solo se è in relazione: con sé stesso, con gli altri, con la creazione e con Dio” (Angelo Scola, 2015). Muovendo da qui, riconoscendo le relazioni costitutive della vita umana, è chiaro che “non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale” (Laudato Si’, 139).

Questione ambientale e questione sociale si mostrano intimamente connesse tra loro. La Terra, l’umanità, gli altri e Dio sono in relazione e va superata una visione che tenda a parcellizzare la realtà. L’asse portante dell’enciclica è che tutto è connesso, tutto è collegato, tutto è in relazione. Per garantire una reale sostenibilità allo sviluppo economico e al progresso sociale, essi devono essere ripensati in modo tale da favorire uno sviluppo integrale, che faccia riscoprire il senso umano dell’ecologia.

Come fare? Per costruire un’ecologia integrale diviene fondamentale ogni aspetto dell’esperienza umana: cultura, arte, poesia, spiritualità; e ogni ramo della scienza. E non solo: occorre una vera e propria conversione personale e comunitaria che passa per una nuova educazione in grado di modificare la vita quotidiana e gli stili di vita.

Evidentemente parlare di conversione a un’ecologia integrale mette in campo la libertà, e la responsabilità, di ciascuno e di tutti insieme. “Per questo gli ambiti educativi fondamentali devono favorire nuove abitudini e solide virtù, improntate sulla gratuità e sulla consapevolezza di non essere separati dalle altre creature” (W. Magnoni, P. Malavasi, 2015). Questa è la natura del nostro impegno, queste sono le direttrici sulle quali la Fondazione Lombardia per l’Ambiente fonda la sua attività scientifica e culturale.

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