Il Governo italiano per affrontare la crisi energetica ha annunciato ieri alcune iniziative tra cui spiccano interventi per circa 8 miliardi di euro, una semplificazione dei processi autorizzativi per l’installazione dei panelli solari e l’incremento della produzione nazionale dai circa 3 miliardi di metri cubi attuali a poco più di 5; il vincolo è il blocco di nuove trivellazione e lo “sblocco” dei soli campi esistenti.
L’Italia consuma circa 70 miliardi di metri cubi di gas all’anno, quasi tutto importato, e oggi i prezzi sono circa 4/5 volte più alti rispetto a 12 mesi fa (prendiamo a riferimento il TTF). Ai prezzi degli ultimi giorni l’incremento di costo per il sistema è di circa 40 miliardi di euro all’anno, ma il prezzo del gas in Europa ha avuto picchi più alti. Gli 8 miliardi del Governo coprono circa il 20% della differenza.
Per quanto riguarda l’incremento della produzione nazionale occorre precisare che l’Italia importa dalla Russia circa 25/30 miliardi di metri cubi di gas all’anno e che quindi l’aumento della produzione di gas nazionale copre meno del 10% delle importazioni russe. Al momento la capacità dei rigassificatori italiani è poco più della metà delle importazioni dalla Russia ed è già occupata da altre importazioni.
L’Italia non è l’unico importatore di gas al mondo; la domanda di gas del sud-est asiatico, in particolare, è molto buona e in crescita. Anche i consumi in Africa stanno aumentando. La ragione della concorrenza è abbastanza semplice: ci sono almeno un miliardo di abitanti di questo pianeta – e siamo molto conservativi – che oggi non hanno accesso alla stessa “elettricità” degli abitanti del “primo mondo”. Sono abitanti di Paesi che non si possono neanche lontanamente permettere la “transizione energetica”.
Per quanto riguarda i combustibili derivanti dall’olio di ricino, segnalati dal ministro Cingolani in conferenza stampa, da aggiungere al diesel tradizionale possiamo solo segnalare l’incremento dei prezzi degli alimentari sui mercati globali. I pannelli solari, che l’Italia non produce e che oggi hanno tempi di consegna record, possono aiutare le spese dei privati, ma non possono aiutare particolarmente le imprese.
Tutto questo ci induce a pensare che la scommessa dell’esecutivo sia un progressivo ritorno dei mercati energetici a valori simili a quelli precedenti la crisi o comunque una significativa riduzione. Se non fosse così non ci sembra che i numeri quadrino; il sistema industriale italiano sarebbe in grande difficoltà perché messo di fronte alla sfida impossibile di competere con imprese che invece hanno accesso a energia molto più conveniente.
Riguardo allo stop alle trivellazioni possiamo solo dire che vent’anni fa la produzione nazionale di gas era pari a circa 20 miliardi di metri cubi all’anno. Questi sono numeri, invece, che potrebbero fare una differenza, ma bisognerebbe cambiare strategia su tutta la linea e aprire a nuove trivellazioni. La produzione di pannelli solari non è neutrale per l’ambiente sia per la chimica che per i minerali rari.
Rimane quindi una domanda: fino a che punto il supporto politico alle sanzioni russe e alla transizione “green” resisterà all’incremento delle bollette e alla crisi economica da shock energetico? Difficile rispondere. Sicuramente, finora, il dilemma non è mai stato posto in termini così “sfidanti”.
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