Cambiare il bollettino, modificare il metodo di raccolta e catalogare poi meglio ricoveri, contagi e morti del Covid-19: tali obiettivi da due anni a questa parte ancora non sono stati raggiunti, per motivi e responsabilità diverse.
Raggiunto da Adnkronos, Claudio Giorlandino – direttore scientifico dell’Istituto di Ricerca Altamedica – spiega perché i dati di queste ultime settimane, di fatto il colpo di coda finale della “quarta ondata”, sono in realtà “falsati” nei numeri su morti e contagi. «Dei 400 morti al giorno dei quali si parla, in realtà non possono essere più di 50-80», spiega il professore spiegando nel dettaglio perché tale “falsificazione” non abbia dietro motivi “complottistici” ma semplicemente una mancanza di chiarezza che genera equivoci ormai da troppo tempo. Innanzitutto Giorlandino ricorda quello che forse tutti ancora non sanno: «Il termine Covid viene impropriamente e ormai largamente usato, al maschile, come sinonimo del virus SarS-COV-2 ma in realtà si riferisce alla patologia da esso causata. Covid è acronimo dall’inglese Coronavirus disease, conosciuta anche come malattia respiratoria acuta. La morte, causata dal Covid è infatti una insufficienza respiratoria da polmonite interstiziale. Tutti, dico tutti, coloro che ne vengono colpiti sono assistiti e ventilati. La maggior parte guarisce ma chi non si riprende va in terapia intensiva, viene intubato e, purtroppo, muore».
PERCHÈ I DATI SUI MORTI COVID SONO “FALSATI”
Ebbene, l’Iss nel comporre i propri report di analisi sulla pandemia – non potendo analizzare le singole cartelle cliniche di tutti i deceduti positivi al Covid, con rigore «non imputa affatto tali decessi come morti di Covid ma li registra come ‘soggetti deceduti positivi a SarS-CoV-2’. Ben diverso!». Il direttore di Altamedica riporta un esempio lampante di come avviene l’origine di tale equivoco che porta a considerare e contare come “morti per Covid” più di 400 persone ogni giorni (oggi per fortuna i dati sono in discesa): «un malato terminale di cancro viene portato in ospedale, riscontrato un tampone positivo, benché totalmente asintomatico, viene ricoverato in un reparto Covid dove muore», spiega il professor Giorlandino illustrando come tale esempio verrebbe computato come paziente deceduto positivo a SarS-CoV; questo però, spiega ancora l’esperto, «per il traumatizzato che invece di finire la vita in un reparto di degenza muore in una rianimazione Covid solo perché, al pronto soccorso, il tampone era positivo. Lo stesso accade per chi muore di malattie del sistema cardiocircolatorio, neurologico, respiratorio, renale e per tutte le altre cause di morte, anche per la vecchiaia. Ecco spiegato il falso numero di 400 morti al giorno di Covid». I recenti dati dell’Iss (report esteso del 26 gennaio) mostrano come sul campione analizzato di 138.099 persone morte dall’inizio della pandemia fino al 10 gennaio 2022, «il 23,8% risulta essere stato ricoverato in un reparto di terapia intensiva, il 58,5% è stato ricoverato in ospedale ma non in terapia intensiva ed il 17,7% non era ricoverato in ospedale». Ebbene, osserva Giorlandino a partire da questi dati, «Partendo dal presupposto assolutamente incontrovertibile che, chi muore di Covid, muore per il 94.6% dei casi per una progressiva insufficienza respiratoria, quindi intubato in Terapia intensiva, si può affermare che, ad esempio, dagli ultimi dati forniti dove i deceduti SarS-Cov-2 positivi in Terapia intensiva stanno intorno al 20%, dei 400 morti al giorno dei quali si parla, in realtà non possono essere più di 50/80». Una variante così contagiosa come Omicron ma anche così “benigna” rispetto alle passate per la letalità, per il direttore di Altamedica può davvero condurre verso una lenta ma decisa diminuzione dell’emergenza Covid: «crea tracheofaringite perché non attacca i polmoni e che sta diffondendosi talmente tanto da vaccinare il gregge definitivamente». In definitiva, dunque, come provare a risalire al vero numero di morti per Covid per Giorlandino è operazione più semplice: «Eliminiamo tutti quelli che non muoiono in terapia intensiva, intubati da circa 20 giorni che è il periodo medio di sopravvivenza in quel reparto di un vero deceduto di Covid, ed a questi sottraiamo una parte di chi vi muore affetto da altre patologie ma portatore (asintomatico) del virus SarS-Cov-2».