Il rischio idrogeologico per il territorio italiano è tornato centrale nelle pagine di cronaca dopo che ieri un’alluvione ha paralizzato la Toscana, argomento che secondo il geologo Arcangelo Francesco Violo dovrebbe diventare centrale anche per la politica, che appare sempre più disinteressata sul tema. Complessivamente, infatti, negli ultimi 13 anni in Italia si sono registrate 510 alluvioni, che nell’ultimo anno hanno causato prima la distruzione dell’Emilia-Romagna ed, ora, quella della Toscana.



Il rischio idrogeologico, secondo Violo, attualmente interessa “il 94% dei comuni” italiani, ma ci tiene anche a precisare che nel Bel Paese “avvengono i due terzi delle frane di tutta Europa”. I motivi, secondo il presidente del Consiglio nazionale dei geologi, sono legati soprattutto al fatto che “l’Italia è un territorio giovane del Continente”, fatto che “la rende molto vulnerabile rispetto ad altri Paesi. Ma la vulnerabilità”, spiega ancora Violo, “è amplificata dalla non corretta gestione del territorio“, che spesso porta ad ignorare il rischio idrogeologico. Infatti, secondo l’esperto “i cambiamenti climatici agiscono su situazioni pregresse” e non sono da ritenere i soli responsabili di quanto sta accadendo.



Violo: “Contro il rischio idrogeologico serve la prevenzione, ma alla politica non interessa”

Complessivamente, contro il rischio idrogeologico, secondo Violo, “servono piani di allentamento, presidi idrogeologici, va informata la popolazione e occorre la prevenzione“. Quest’ultimo tipo di investimenti, però, “non hanno un ritorno economico e si trascurano. Dal 1998 al 2018 sono stati spesi 5,6 miliardi in opere di prevenzione e più di 20 per riparare i danni. Dal Dopoguerra ad oggi sono stati spesi quasi 200 miliardi che salgono a 300 con quelli provocati dai terremoti”.



Inoltre, la difficoltà di affrontare il rischio idrogeologico, secondo Violo, è legata anche alla “frammentazione delle competenze. Per un intervento di mitigazione”, spiega, “il tempo medio è di 5-6 anni”, con l’esito che “quando l’opera è finita si deve rivedere il progetto perché c’è stata una qualche evoluzione”. Parlando, infine, del solo caso di Milano che allo stato attuale è sotto la lente di ingrandimento per il rischio idrogeologico che potrebbe scaturire dal ciclone Debi, Violo sottolinea che “dagli anni 70 ad oggi si sono registrate 175 esondazioni”, a fronte però di “170 alluvioni”, sintomo dal fatto che “il sistema di drenaggio non è sufficiente a far defluire le acque”.