A che punto è la notte di Giuseppe Conte? Tra il ‘premier per caos’ – come lo chiama Dagospia – e le dimissioni rimane ormai una flebile speranza, quella di rimediare due gruppi parlamentari che stabilizzino la maggioranza a Camera e Senato e soprattutto cambino gli equilibri nelle commissioni, il vero Vietnam di un governo di minoranza.
Alla Camera la pratica del gruppo è nelle mani esperte di Bruno Tabacci, che infatti sta arruolando ex Grillini, la forzista Polverini e persino un ex leghista, il siculo Lo Monte. Per fine settimana il gruppo dovrebbe essere bello e fatto. Tabacci sarà premiato, dicono, con un dicastero di serie A.
Da una Camera all’altra, da un democristiano all’altro: a Montecitorio le carte le dà Tabacci, a Palazzo Madama Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc, che non vedeva i titoli dei telegiornali dai tempi di Casini e Follini che facevano ballare il governo di Silvio Berlusconi.
Il governo è appeso al segretario uddiccino che non è nemmeno parlamentare, ma controlla tre senatori che costituirebbero la massa critica per attrarne addirittura altri dieci da Forza Italia e Italia Viva. Il problema di Cesa è che il suo partito è controllato dal questore del Senato Antonio De Poli, senatore veneto eletto in un collegio leghista e legato a doppio filo a Niccoló Ghedini e Licia Ronzulli. De Poli di schiodare dal centrodestra non ci pensa nemmeno, anzi ha lavorato fianco a fianco ai leghisti per destrutturare la trama che stava portando il suo segretario politico a sedere sulla poltrona di ministro dell’agricoltura.
Di qui i continui vertici di centrodestra, serviti a riportare all’ovile Cesa. Che però, da buon democristiano, sta continuando a trattare con palazzo Chigi, dove Conte attende il miracolo della apparizione dello scudo crociato che salvi il suo governo.