Michael Milshtein, direttore del Forum sugli studi palestinesi di Tel Aviv ed analista del Reichman College a Herzeli, ha riflettuto sul futuro della Striscia di Gaza in un recente intervento sulle pagine del quotidiano Avvenire, riflettendo sulle possibilità che si prospetteranno per i palestinesi nel dopo Hamas. Ritiene, infatti, che dopo il conflitto “Israele avrà quattro alternative nella gestione e ricostruzione della Striscia”.
Complessivamente, sottolinea l’analista, tutte e quattro le alternative per la gestione di Gaza sono “molto complesse e pericolose”, al punto che Israele dovrà “scegliere il minore dei mali“. Le prime due, tuttavia, sono in assoluto le più pericolose. Nel primo caso, infatti, dovrebbe “occupare la Striscia, ripristinando gli insediamenti abbandonati con il ritiro del 2005. Ipotesi impraticabile dal punto di vista della sicurezza, oltre che un fardello economico e diplomatico insostenibile”. Similmente, l’idea di “un immediato ritiro” da Gaza dopo la fine del conflitto con Hamas, “rischierebbe di lasciare un vuoto che verrebbe colmato da altri estremisti locali, altrettanto pericolosi”.
Milshtein: “Il Qatar dovrà essere estromesso dal governo di Gaza”
La terza alternativa per la gestione di Gaza, invece, secondo l’analista è quella di “persuadere l’Autorità palestinese a tornare nella Striscia“, improbabile sia per via della “sua fragilità nel governare il Cisgiordania”, sia per “l’immagine negativa nell’opinione pubblica della Striscia che vede nell’amministrazione di Ramallah dei collaboratori del ‘nemico sionista’”. Rimane, dunque, l’ultima alternativa, quella avallata anche dagli USA e che vede un’amministrazione temporanea per i palestinesi.
A Gaza dovrebbero governare “sindaci, funzionari delle Ong, uomini d’affari che già collaborano in attività commerciali con gli israeliani, assieme a personaggi di spicco di Fatah”, che mantenga una canale aperto anche con “l’Autorità nazionale palestinese”. Come organismo di sorveglianza, dovrebbero esserci secondo l’analista “Egitto, Stati Uniti, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti”. Differentemente, dovrebbe essere estromesso dal governo di Gaza “il Qatar, alleato e finanziatore del gruppo terrorista, corresponsabile della situazione odierna”. Dopo di ché, conclude l’analista, “sarà necessaria una profonda rivitalizzazione nell’arena politica israeliana: un immediato cambio di esecutivo e il ripristino dei sistemi di sicurezza e di governance”.