Tra le tante (ma non abbastanza) voci che chiedono una pace a Gaza, quella di padre Francesco Patton – che in quel di Gerusalemme ha il fondamentale ruolo di Custode della Terra Santa da ormai più di 8 anni – sembra andare in una direzione diversa, superando l’idea decisamente fallimentare dei Due Stati a cui ci siamo abituati negli ultimi 365 giorni di conflitti per proporre una nuova visione strategica a lungo termine della gestione dei rapporti interni in Medio Oriente: a guidarlo – spiega al quotidiano Avvenire – è l’idea che sia “più realistico cercare la pace piuttosto che l’eliminazione dell’altro”.



Secondo padre Patton – infatti – è ormai chiaro che “nessuno dei due popoli se ne andrà” della Terra Santa e chiunque voglia cercare una soluzione vera alla guerra dovrebbe rispolverare la lezione di San Francesco che inviò “i suoi frati (..) disarmati” contro il parere di tutti, dando il via ad una missione che ormai dura “continuativamente [da] otto secoli” e che dimostra come le armi non servano a nulla quando si cerca di fare del bene.



Tornando alla pace a Gaza, secondo il Custode è ora che si trovi “un piano politico” che deve inevitabilmente partire da una serie di “azioni concrete” come l’interruzione dei combattimenti, “un negoziato” ed – ovviamente – la disponibilità di entrambi a “concedere per ottenere”: fondamentale l’aiuto di realtà come “USA e UE [per] premere su Israele” e come “i paesi arabi sunniti [per] Hamas”, ma includendo nell’equazione anche “Russia e Cina vista l’influenza su Teheran”.

Padre Francesco Patton: “Per la pace a Gaza serva una nuova mentalità politica”

Avviata la pace, secondo padre Patton servirà “una visione politica [sul] futuro” che neanche un secolo fa permise di “costruire (..) l’Europa dopo secoli di guerra” trovando un modo per ridurre “le ragioni del conflitto [con] la creazione del mercato comune”: un’idea che ora dovrebbe essere trasposta da una “classe politica con una mentalità nuova” anche in Medio Oriente creando una “comunità più ampia legata da vincoli economici e politici” ed abbandonando le fallimentari ipotesi “dei due Stati”.



In tutto questo (ovviamente) secondo il Custode per la pace a Gaza anche i cristiani possono fare molto – soprattutto se “di lingua araba” – per creare i necessari rapporti e collegamenti “tra il mondo ebraico e quello islamico”, purché entrambe le parti siano disposte a seppellire “la polarizzazione” tipica della “destra religiosa israeliana” e del “fondamentalismo islamico”: per farlo è utile la voce di Papa Francesco che ha più volte condannato l’uso della fede come “strumento di potere e potenza” definendola una vera e propria “offesa a Dio“.