Monsignor Aldo Cavalli, 75 anni, da dodici mesi visitatore apostolico a carattere speciale per la parrocchia di Medjugorje, dove ha sostituito il defunto vescovo polacco Henryk Hoser, ha concesso un’intervista ai colleghi del quotidiano “Avvenire”, descrivendo il carattere di eccezionalità rivestito dalla località della Bosnia-Erzegovina. In particolare, “vedere quest’estate 30mila giovani, arrivati da 70 Paesi di tutto il mondo, popolare con gioia e nello stile della preghiera, della musica, per una settimana, questo Paese, restituisce speranza in un momento reso difficile da tutto: pandemia, crisi economica, guerra”.
La ripresa post Covid a Medjugorje ha dell’incredibile e “ha trasformato questo luogo nel più grande confessionale del mondo. Medjugorje è innanzitutto una scuola di preghiera. I turisti non troverebbero nulla che li soddisfi: né cucina, o turismo, o cultura… La chiesa più antica è del 1800. Se arrivano, tuttavia, notano in chi la sta vivendo un’energia particolare, che arriva dalla preghiera, da un’esperienza frutto di ricerca spirituale, che spesso trova come risposta la conversione. In questi mesi molti giovani, prima di ripartire, hanno espresso il desiderio di entrare in seminario. Non è un caso se in 40 anni sono nate quasi 800 vocazioni sacerdotali”.
MEDJUGORJE, VISITATORE APOSTOLICO: “QUI LA FEDE È PALPABILE”
Il visitatore apostolico, ai microfoni di “Avvenire”, ha aggiunto: “Ovunque la pandemia ha dimezzato le confessioni, anche in Italia. Invece, a Medjugorje vengono e si confessano. Nonostante la tanta gente, tutti riescono ad avere la comunione in poco tempo, con una buona organizzazione volontaria, che aiuta la liturgia, la concentrazione. Tutto ciò trasmette una fede palpabile. Mi colpiscono situazioni apparentemente irrisolvibili, giovani che cercano un raggio di grazia per illuminare la loro vita. Si sentono bastonati, li vedo disperati. Il segreto è vedere le loro vite come le vede il Signore, in prospettiva. La nostra missione è dargli coraggio, perché, se sono stati chiamati fin qui, c’è un motivo”.
A Medjugorje, ha concluso monsignor Cavalli, prima del 1981 non c’era niente, solo i contadini sulla collina: “Il santuario è di questa gente. Certo, è stata organizzata l’accoglienza, con piccoli hotel a gestione familiare, piccoli negozi, ma non succede come altrove che il commercio disturbi la dimensione religiosa, anzi…”.