Nel Calendario dei Santi, il 7 dicembre è la celebrazione di Sant’Ambrogio, patrono di Milano. Tradizionalmente è anche la data di apertura della stagione di lirica e balletto alla Scala. Una serata molto speciale con il Capo dello Stato e il suo seguito nel palco centrale, diversi Ministri e le loro mogli in platea e in sala molti industriali e finanzieri che sponsorizzano il teatro. Per diversi anni, il 7 dicembre è stato per me un rito. Primo treno veloce per Milano. Un taxi per raggiungere il botteghino della Scala prima delle 12:00 e ottenere il biglietto della stampa con il mio nome (successivamente la zona è blindata per l’arrivo delle autorità). Un pranzo veloce e una corsa in hotel per indossare lo smoking. Una corsa pure in metropolitana per essere alla Scala alle 17:30 allo scopo di salutare alcuni conoscenti. L’opera inizia alle 18:00 in punto. Cena a La Società del Giardino (accanto alla Scala) in uno dei tavoli per la critica musicale. Di nuovo in hotel per fare arrivare la recensione al giornale entro la mezzanotte.
Quest’anno niente di tutto questo. La mia serata alla prima alla Scala è stata nel soggiorno con mia moglie davanti alla TV in blue jeans e scarpe da tennis. Un panino al prosciutto cotto e formaggio invece della cena alla Società del Giardino. Ho condiviso l’apertura della stagione lirica milanese con milioni di altre persone: lo spettacolo è stato mostrato su Rai 1 e in Eurovisione attraverso accordi con altri canali in Europa, nonché negli Stati Uniti, in Australia, Nuova Zelanda e altrove attraverso Medici-TV. Negli ultimi 12 mesi, principalmente a causa del coronavirus, le morti a Milano sono state cinque volte più numerose di quelle dei sette anni successivi alla Seconda guerra mondiale. Pertanto, non è stato possibile organizzare alcuna serata di inaugurazione. Era in programma una nuova produzione di Lucia di Lammermoor, ma la direzione e il consiglio di amministrazione della Scala hanno optato per una serata in TV.
Tuttavia, la Scala non vuole essere seconda a nessuno e ha realizzato la più grande stravaganza televisiva. Non un’opera, non un concerto ma uno spettacolo sull’importanza dell’opera per il benessere dell’umanità chiamando venticinque migliori di fama internazionale, étoiles importanti, alcuni attori noti e un grande regista teatrale Davide Livermore (e il suo team di artisti di aiuto visivo e scenografia) oltre ad alcuni drammaturghi. Le migliori case di moda italiane hanno gareggiato per fornire i più eleganti abiti alle cantanti e alle attrici. Il direttore musicale della Scala Riccardo Chailly ha guidato, ovviamente, l’orchestra.
Non era uno spettacolo dal vivo. Era stato preparato e registrato per settimane all’interno della Scala e altrove; molti dei cantanti non sono mai andati a Milano, i loro pezzi sono stati assemblati e incollati insieme in modo da dare l’impressione di uno spettacolo unitario. È stato costruito con molta abilità e con l’uso della tecnologia migliore e più moderna. Questo ha dato effetti scenici sorprendenti.
C’era un filo conduttore? Sì. All’inizio, prima che l’orchestra suonasse l’inno nazionale, venivano cantate alcune righe dello Io son l’umile ancela di Cilea; un’aria sull’importanza fondamentale di servire Euterpe, la Musa della Musica. Dopo quasi tre ore, a conclusione dello spettacolo, l’unico ensemble della serata: il concertato Tutto cangia, il ciel s’abella dalla versione italiana del Guillaume Tell di Rossini, un’indicazione di speranza e felicità. Dall’inizio alla fine, ventotto numeri di arie (spesso messe in scena) di opere, per lo più di Verdi e Puccini ma anche di Bizet, Giordano, Massenet, cantate dai migliori e più noti cantanti internazionali. C’erano anche due numeri di balletto. Per elencare tutti gli artisti trasformerebbe una recensione in una piccola rubrica telefonica (qui il programma completo). Erano, ovviamente, eccellenti e il set e la messa in scena pur se minima (e basata su varie produzioni viste in passato a La Scala) erano bellissimi. Anche l’orchestra era di prima classe.
Dalla serata ho tratto due impressioni. Da un lato, il ricordo degli spettacoli natalizi al New York Radio City Music Hall dove anni fa, quando vivevo a Washington, andavo con l’allora giovane famiglia. Dall’altra, l’idea che mentre Il Barbiere di Siviglia recensito il 7 dicembre può aprire un nuovo percorso per l’opera in tv, l’inaugurazione della stagione La Scala 2020-2021 rimarrà una stravaganza unica e irripetibile.