Massimo Ammaniti, psicanalista, neuropsichiatra e docente, nonché esperto di adolescenti ed infanti, ha parlato della scuola repressiva contro le occupazioni che il ministro Valditra da giorni ventila. Quello che si respira, secondo l’esperto, è “un clima abbastanza autoritario nei confronti dei ragazzi” che rischia di danneggiare l’istituzione scolastica ed aumentare l’abbandono dopo la scuola dell’obbligo, con effetti a lungo termine deleteri anche per lo Stato.
Le occupazioni a scuola, spiega Ammaniti, “sono un rituale” con il quale gli studenti “esprimono una protesta che riguarda la scuola, o fatti internazionali, o la politica, e vanno presi in considerazione“, e certamente “non si può rispondere in modo repressivo, addirittura prefigurando che chi occupa sia bocciato”. Fermo restando che “se ci sono dei danni alla scuola e alle aule chi occupa ne deve rispondere e penso che i ragazzi debbano partecipare attivamente alla riparazione della scuola”, ma una risposta repressiva, spiega Ammaniti citando quanto accaduto a Modena, “crea un clima estremamente negativo”. Nei ragazzi passa il messaggio che la scuola “li tratta da minori che non hanno diritto di parola”, mentre “sarebbe importante che gli studenti fossero in grado di interagire, discutere” creando “un clima di collaborazione”.
Ammaniti: “I giovani e le famiglie sono cambiati”
La scuola, continua a spiegare Ammaniti, ascoltando gli studenti li incoraggia, perché “riconosce a ogni studente la sua identità, il suo punto di vista” mentre i provvedimenti repressivi “mostrano una scuola sulla difensiva, incapace di assolvere al suo compito formativo”. Un adolescente, se trova un luogo collaborativo o insegnanti appassionati che trasmettono “curiosità, desiderio di conoscere e approfondire, va avanti”, mentre bocciature e sanzioni “non fanno che scoraggiare i ragazzi e le ragazze, facendo perdere qualsiasi amore per lo studio“.
D’altronde, spiega ancora Ammaniti, i giovani “sono diversi da un tempo. Prima in famiglia c’era un padre che era la guida ferma e spesso anche autoritaria. Oggi ci sono stati cambiamenti con cui fare i conti”, citando per esempio “gli smartphone” o l’aumento “delle patologie psicologiche”. In passato, centrale era “il muretto”, l’incontro con gli amici che ora diventa “incorporeo”, mentre “i genitori sono meno presenti e mano autorevoli“, generando fenomeni come “il dominio di gruppo”. In questo contesto, conclude Ammaniti, i ragazzi “con autoritarismo e regole ferree non esprimono il loro malessere, che rimane sotterraneo e ricompare da qualche altra parte. Se conta solo la disciplina, si perde la possibilità di avere un dialogo”.