FRANCIA VIETA L’ABAYA A SCUOLA: COS’È E PERCHÈ È STATO PROIBITO

La Francia continua nell’opera di limitazione di usi e tradizioni islamiche ottenendo un nuovo divieto in vigore dall’inizio dell’anno scolastico imminente: per le studentesse musulmane sarà vietato l’“abaya”, ovvero l’abito islamico non espressamente religioso ma molto in voga tra le ragazze delle banlieu. La decisione è giunta dopo lungo confronto all’interno del Governo Macron, con l’annuncio del Ministro dell’Educazione Nazionale Gabriel Attal: «con il nuovo anno scolastico la “abaya” sarà proibito in tutte le scuole pubbliche».



Stamane il portavoce del Governo, Olivier Veran, ha spiegato a BFMTv che si tratta con l’abaya di un «chiaro abito religioso» che mette a rischio il «tempio della laicità», ovvero la scuola. Diversamente dal velo o hijab – vietati in Francia da tempo – l’abaya era stato tollerato ma moltissime studentesse ormai arrivano a scuola con questo abito che copre da piedi alla testa avvolta nel velo, scostato solo all’ingresso nel cancello scolastico. «Siamo sempre stati chiari – ha detto ancora Véran – la scuola è il tempio della laicità. Non si va a scuola per fare proselitismo religioso ma per imparare. Quando si è in classe non ci si deve trovare esposti a segni religiosi ostentatori».



GOVERNO MACRON NELLA BUFERA: NUOVO SCONTRO CON L’ISLAM

Il Governo Macron-Borne vuole dare nuove regole ancora più chiare per tutti i responsabili delle scuola pubbliche: «Non si potrà più indossare la abaya a scuola, settimana prossima incontrerò direttori e presidi per aiutarli nell’applicazione di questo divieto». È fortissima però la critica politica e sociale lanciata contro l’Eliseo dopo un provvedimento che pone nuovi dissidi dopo gli ultimi scontri con la comunità musulmana a seguito della morte di Nahel: «fin dove arriverà la polizia dell’abbigliamento? La proposta di Gabriel Attal è incostituzionale, contraria ai principi fondatori della laicità», attacca la deputata Clémentine Autain della sinistra di “La France Insoumise”



Secondo il partito di Melenchon il divieto dell’abaya a scuola è «Sintomatico del rifiuto ossessivo dei musulmani. Appena rientrati dalle vacanze, i macroniani già provano ad attaccare da destra il Rassemblement National». Secondo il Ministro dell’Educazione invece la scuola della Repubblica «è stata costruita attorno a valori forti, in particolare alla laicità. La laicità è una libertà, non un vincolo. Non bisogna poter determinare la religione di uno studente entrando in una classe». Contestati dalla politica, ringraziati invece da insegnanti e presidi che da tempo tramite richieste dello Snpden – il sindacato nazionale degli insegnanti – chiedevano al ministero dell’Istruzione di decidere in un senso o nell’altro, in modo tale che la responsabilità di accettare o rifiutare l’abaya a scuola non ricadesse più sui dirigenti. Dalla morte del professor Paty nell’ottobre 2020 – ucciso da un terrorista islamico all’uscita del collegio di Conflans-Sainte-Honorine (Yvelines) – ha lasciato nel caos e nella paura docenti e presidi: «hanno paura di non essere seguiti dall’istituzione e di ritrovarsi soli al fronte», li difende il sindacato. La decisione si inserisce inoltre nel solco di quanto dichiarato solo qualche giorno fa dal Presidente francese Macron in un intervento sui social: «Ho parlato di de-civilizzazione qualche mese fa. È quello che abbiamo visto. Quindi dobbiamo andare avanti con il lavoro di ri-civilizzazione. Dobbiamo smettere di mandare al sesto anno il 20% degli alunni che non sanno leggere, scrivere o contare». L’inquilino dell’Eliseo nega che l’immigrazione sia dietro i disordini sociali di questi anni, allo stesso tempo punta il dito contro gli immigrati di seconda e terza generazione che spesso non si sarebbero integrati nella società francese: «le persone che si sono allontanate di più dai nostri valori sono spesso nate qui. La Francia ha bisogno di un’educazione più rigida», ha detto il Presidente.