A Chivasso la cultura dello scarto di cui parla spesso Papa Francesco assume i brutali contorni della realtà. Siamo, stando alle ultime statistiche, in uno dei giorni più caldi dell’anno e un anziano ottantenne ha un malore. La figlia lo porta al pronto soccorso e, secondo il racconto di alcuni testimoni, dopo aver sistemato la carrozzina accanto alle sedie della sala d’attesa, direbbe al padre: «Aspettami un attimo, vado a spostare la macchina e torno». Peccato che da quel momento nessuno l’abbia più vista. Soprattutto il padre, che rimane senza muoversi nel suo angolino fino a quando i minuti diventano ore: ore di attesa, ore nelle quali il vecchino era sempre più incapace di credere a quanto stava accadendo. Giunge infine il momento, pare dopo cinque ore, in cui un’infermiera si avvicina al poveretto e gli chiede: «Ma lei cosa ci fa qui?» e si sente dire: «Aspetto mia figlia».
A quel punto, altri pazienti in attesa si rendono conto di quanto è avvenuto e raccontano al personale dell’Asl To4 l’intera vicenda: una storia che prima di allora nessuno avrebbe anche solo potuto immaginare. Non è stato poi difficile rintracciare al cellulare la donna che ha candidamente ammesso di trovarsi in Liguria, vicino a Savona, per trascorrere qualche giorno di mare.
Il nonnino ora è affidato alle cure di un altro familiare più amorevole ed è molto probabile che parta una segnalazione ai servizi sociali. L’anziano espulso da una famiglia per poter andare al mare diventa l’epitome di quell’atteggiamento egoistico – e molto più che egoistico… – contro il quale tanti di noi si trovano spesso a dover lottare e a dover stigmatizzare. “Scartare” la persona anziana lasciandola al pronto soccorso per andare a trascorrere un tranquillo week-end al mare non sarà d’ora in poi solo un’immagine efficace partorita dal modo di parlare di Bergoglio, ma un vero fatto di cronaca che esprime quella denuncia in termini agghiaccianti.
Che genere di pensieri avranno attraversato la testa della signora mentre lasciava il padre all’ospedale? Io immagino nulla di feroce o di drammatico: magari semplicemente qualcosa del tipo “avrò pure diritto anch’io ad un po’ di vacanza”. Perché il rifiuto della fatica che comporta accudire un anziano in una società malata di efficientismo e di individualismo non si manifesta con la ferocia, ma con la banalità cinica.
È vero che le famiglie con anziani soli sono sempre più frequenti, che poche sono le strutture adeguate, e poco è il personale veramente affidabile, ma nulla giustifica che la figlia abbia lasciato come un pacco il padre a un pronto soccorso. Qualcuno, ha pensato la signora, prenderà mio padre che sta male e, dopo averlo visitato, dato che “sta male”, lo ricovererà. A quel punto io che ci sto a fare? Quindi è meglio che nel frattempo mi possa prendere un po’ di meritata vacanza.
È vero che mancano troppi dati per poter rispondere alle mille domande che affiorano dentro di noi, ma tutto sembra far confluire i sospetti nella linea che ho appena detto. Diranno la polizia ed eventualmente i giudici come sono andate veramente le cose, ma certo pare che nella nostra vita siano sempre più aspre le battaglie per dei princìpi gonfiati da contrapposizioni politiche e ideologiche e sempre meno gli sforzi per ricordarci delle battaglie piccole. Quelle dei neonati e degli anziani. Di tutta la vita sofferente che non ha voce.