LA TRISTE STORIA DA CREMONA: ABBANDONATO DOPO 5 GIORNI DALL’ADOZIONE, GENITORI CONDANNATI 16 ANNI DOPO

Aveva 10 anni quando venne adottato dal Brasile da una coppia di genitori adottivi originari di Cremona: lo hanno abbandonato 5 giorni dopo l’ufficialità dell’adozione e oggi, 16 anni dopo quei fatti, la coppia di cremonesi è stata condannata dalla Corte d’Appello di Brescia con 3 mesi di reclusione (avergli fatto mancare i mezzi di sussistenza e per essersi sottratti agli obblighi di assistenza) e 10mila euro di provvisionale. Il caso del ragazzino, oggi 26enne, è emerso sul “Corriere della Sera” dopo che dall’interno del carcere di Modena – dove era finito per alcuni piccoli furti – l’incontro che ha cambiato per sempre la vita è stato quello con l’avvocato Gianluca Barbiero.



Era il 30 agosto 2007 quando la coppia sposata a Cremona era tornata dal Brasile con ufficializzata la sentenza di adozione del Tribunale di San Paolo: è invece il 4 settembre quando gli stessi genitori adottivi decidono di non accettare più quel ragazzino di 10 anni perché considerato troppo violento. Secondo la ricostruzione fatta nel processo a Brescia, il bambino aveva puntato un coltello al padre adottivo.



LA DENUNCIA DEL RAGAZZO (OGGI IN CARCERE) E LA REPLICA DEI GENITORI ADOTTIVI

Nella querela invece presentata 16 anni dopo quei fatti, il ragazzo ha spiegato che era stata la madre adottiva a picchiarlo con una cintura dopo la lite con il figlio biologico della coppia a Cremona: «Ero solo con loro da cinque giorni, ancora oggi mi chiedo cosa si aspettassero da un bambino di 10 anni». Da quel momento il ragazzo di origini brasiliane passò di varie comunità in comunità finché a Modena tra il 2016 e il 2017 commise alcuni furti per i quali è stato condannato ad un anno di reclusione.

È qui nel carcere modenese che conosce l’avvocato Barbiero che lo ha convinto a denunciare la famiglia adottiva: «Non sono alla ricerca di pietà o di commiserazione. Sto scontando la giusta pena, ma per la prima volta, qui in carcere c’è qualcuno che mi ascolta, mi spiega i miei diritti e doveri. L’unica cosa che ho ricevuto dalla famiglia italiana è il cognome», racconta il 26enne al “Corriere della Sera”, dopo aver ottenuto giustizia 16 anni dopo i fatti anche in secondo grado. Oggi è tornato nel Cremonese dove ha una causa e un lavoro, potendo così ricominciare una vita che per molti anni, purtroppo, è stata segnata da quell’abbandono.