Nino Di Matteo, consigliere del CSM (Consiglio Superiore di Magistratura, negli ultimi tempi al centro di numerose polemiche), è intervenuto nella giornata di ieri, sabato 22 maggio 2021, a Tg2 Post, trasmissione in onda su Rai Due e imperniata sull’anniversario numero 29 della strage di Capaci, nella quale persero la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti della scorta (Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani). Un dramma che colpì l’Italia intera e del quale si dibatte ancora oggi moltissimo, non soltanto nei salotti televisivi, ma anche nelle scuole.

“Giovanni Falcone fu un uomo di Stato che, a fronte di un fenomeno così complesso come Cosa Nostra, riuscì a concepire una reazione altrettanto organizzata e forte, sia da giudice a Palermo e con altrettanta efficacia da direttore degli Affari penali a Roma”, ha asserito Di Matteo, ricordando poi che proprio nella Capitale il magistrato concepì un sistema normativo e ispirò una normativa approvata tra il 1991 e il 1992, “che purtroppo oggi, anche in esito di alcune sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e della nostra corte costituzionale, stanno smantellando”.

DI MATTEO: “MAFIOSI STRAGISTI SOGNANO DI ABBANDONARE IL CARCERE”

Nino Di Matteo a Tg2 Post ha poi asserito che l’anniversario di quest’anno della strage di Capaci è particolare, in quanto bisogna trovare il coraggio di dire che “qualcuna delle idee più forti e importanti di Giovanni Falcone viene forse tradita e si stanno realizzando degli obiettivi che erano quelli propri anche di chi quell’attentato lo organizzò ed eseguì”. E fa discutere la possibilità di abolire l’ergastolo, poiché, rammenta Di Matteo, “ci sono molti di quei mafiosi che hanno fatto le stragi che sono ancora vivi, hanno dei seguaci in Cosa Nostra e sperano anche di potere uscire dal carcere, quantomeno di potere ottenere dei benefici come la liberazione condizionale”. Stando al parere del magistrato, c’è il rischio che chi ha partecipato alle stragi di Capaci e di via D’Amelio e che è stato arrestato la prima volta già tra fine 1992 e 1993, tra un anno, pur non avendo intrapreso un percorso di collaborazione con la giustizia, possa accedere a dei benefici penitenziari. “Io credo che sia come uccidere un’altra volta Falcone e tutte le altre vittime delle stragi”, ha concluso Di Matteo.