Dalla povertà alla prostituzione, il progetto di “abolizione” lanciato dal Movimento 5Stelle ha un possibile duplice esito: fare la fine del Decreto Dignità, che si proponeva per l’appunto di “abolire la povertà” salvo poi fallire miseramente (e un po’ goffamente) nell’intento, oppure svoltare su un tema spinoso da decenni.



Il piano nato due anni fa per volere della senatrice Alessandra Maiorino del Movimento 5 Stelle vede proseguire i lavori e in 24 mesi ha portato già qualche ottimo risultato: l’indagine conoscitiva sulla prostituzione approvata nei giorni scorsi dalla Commissione Affari Costituzionali considera il fenomeno delle “donne in vendita” come un reale «ostacolo alla parità tra uomini e donne. Non si può configurare come un’attività economica perché si situa al di sotto della dignità umana e perché il corpo di una donna non è merce». Gli esperti ascoltati in commissione per due anni hanno presentato una “sentenza” sostanzialmente comune: in Italia non c’è spazio per una liberalizzazione del “lavoro sessuale”, sullo stile del modello tedesco, ma al contrario «in cui la sensibilità diffusa porta verso una ancora maggiore stretta sulla domanda, cioè sui clienti, seguendo l’esempio dei Paesi nordici, Svezia in testa».



I NUMERI DELL’EMERGENZA PROSTITUZIONE

Tra i principali consigli dati dal giro di esperti auditi, le possibile e necessarie modifiche da apportare alla Legge Merlin (1958, abolizione delle “case chiuse”) ma anche un’adeguata normativa per contrastare attività illegali connesse alla prostituzione. E poi ancora il contrasto al giro di escort, massaggiatrici e trans: «taluni vorrebbero rubricare nella categoria della libertà sessuale», scrive l’Avvenire citando i risultati della “commissione Majorino”. I numeri del resto sono impressionanti: 75-120mila prostitute, il 55% straniera e con un giro di minorenni che è purtroppo del 10% del totale. In tutto sono 3 miliardi e mezzo di euro l’anno come fatturato, quantomeno quello ipotizzato ma del tutto impossibile da stabilire con certezza vista l’illegalità di fondo su cui si permea il fenomeno. La sentenza della Corte Costituzionale del 7 giugno 2019 stabilì che la prostituzione, anche laddove appaia come una scelta «inizialmente libera, conduce spesso in un circuito dal quale sarà difficile uscire volontariamente». Il legislatore, concludeva la Consulta «ravvisa nella prostituzione, anche volontaria, un’attività che degrada e svilisce la persona». Da questo spunto, la senatrice Maiorino annuncia la presentazione di una proposta di legge molto simile a quella in vigore dal 2016 in Francia: «Ai clienti pena amministrativa, poi penale se recidivi, sostegno a chi voglia uscire dalla prostituzione e campagne di informazione per scoraggiare la domanda». Niente legalizzazione della prostituzione, sì alla rimodulazione della Legge Merlin, conclude Maiorino «da rivedere perché è inapplicata nei confronti delle donne prostituite che nel momento in cui volessero uscire dal circuito non hanno nessun aiuto. Il fenomeno della prostituzione, che rimane legale, si trova in una zona grigia di estrema tolleranza. Ma credo che ormai il nostro Paese abbia imboccato una direzione, e l’indagine l’ha indicata chiaramente: un eventuale aggiornamento della legislazione sulla prostituzione non potrà che muoversi tra il modello abolizionista vigente o quello neoabolizionista emergente».

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