Il caso di Padova dove una coppia di genitori atei ha fatto ricorso per richiedere l’abolizione del crocifisso a scuola non poteva non arrivare fino alle stanze della politica: in particolare, è il sottosegretario del Ministero dell’Istruzione Rossano Sasso (Lega) a reagire con forza all’ennesima richiesta di eliminare dalle aule scolastiche il simbolo per eccellenza della fede cattolica. «Giù le mani dal crocifisso nelle scuole!», tuona su Facebook ieri nel giorno di Pentecoste il deputato della Lega, «difenderemo i nostri valori oggi e sempre. Dopo il gender fermeremo anche questo», chiosa Sasso.
Già ieri Avvenire avvertiva del pericolo per possibili prossime sentenze della Cassazione in merito al ricorso presentato da Padova che potrebbero arrivare nei prossimi mesi: «Dopo i tentativi (bloccati dal sottoscritto ) di infiltrare la teoria gender nelle nostre scuole, adesso ecco questo nuovo tentativo arrivato addirittura in Cassazione», spiega ancora Sasso su Facebook. Secondo il sottosegretario leghista, la situazione è tutt’altro che “minima” dato che imporrebbe una svolta importante per quanto riguarda la cultura, la religione e l’identità italiana: «Un simbolo che non può dividere, un simbolo di fratellanza tra popoli messo in discussione, abiurato, che rischia di essere rimosso dalle nostre aule scolastiche. Il furore ideologico di certe persone non ha limiti. Il crocifisso, supremo simbolo delle radici cristiane della nostra comunità e rappresentazione universale della vittoria della vita sulla morte, viene visto come minaccia alla propria libertà, come strumento di coercizione culturale. Pura follia!», attacca ancora Rossano Sasso.
CROCIFISSO A SCUOLA, IL CASO DI PADOVA
Prima in aule di tribunale, poi direttamente presso i Ministeri e infine l’attesa per la Cassazione: la coppia di Abano Terme – Massimo Albertin e la moglie Soile Lautsi – dal 2002 tenta in tutti i modi di vedersi riconosciuto il diritto di far abolire dalle aule a scuola il crocifisso. Ora si attende il parere della Cassazione dopo l’ennesimo ricorso presentato dalla coppia padovana-finlandese: «Non permetteremo mai al fanatismo nichilista di mettere in discussione la nostra cultura, le nostre convinzioni, la nostra Fede. A costo di andarlo a mettere di persona quel crocifisso che qualcuno vorrebbe togliere dalle nostre scuole», conclude Sasso dai banchi del Governo. Su Avvenire il collega Vari invece evidenziava il lungo e intricato tentativo delle associazioni e personalità atee negli ultimi decenni per rimuovere il simbolo del cristianesimo dalla scuola pubblica in Italia: «fallito il tentativo di accorare sulla Costituzione e sulla Convenzione Europea dei Diritti Umani (CEDU) la rimozione del crocifisso, si prova ora una terza strada, basata soprattutto sul diritto dell’Unione Europea nelle sue prescrizioni anti-discriminatorie». Insomma, un qualcosa di non molto dissimile di quanto nel nostro stesso Parlamento si discute in merito al tanto “famigerato” Ddl Zan: se un tempo si discuteva sulla libertà di educazione – e lì fallì il tentativo laicista di rimuovere il crocifisso e la religione dalle scuole – oggi la sfida è diversa, «si discute della libertà di non credere e di quella di coscienza come pure della libertà di insegnamento», conclude Avvenire. Come a dire, il campo di battaglia è diverso e non è detto che i tempi moderni – vissuti in una sempre più ingombrante “bolla” del proprio “desiderio” assunto a diritto universale – portino alla medesime sconfitte di tale mentalità secolarizzata.